Per gli ambientalisti è una vittoria, per l’industria di settore un precedente pericoloso che mette a repentaglio un intero settore. In ogni caso la sentenza della Corte di giustizia europea fa discutere, perché stabilisce il principio che uno Stato membro possa proibire in casa propria un pesticida autorizzato a livello europeo.
E lo può fare in tempi rapidi, come misura di emergenza se ritiene che quella sostanza costituisca “un grave rischio” per la salute dell’uomo, dell’ambiente o degli animali e che per mitigare questo rischio non ci sia altro modo che togliere il prodotto dal commercio.
Le due sostanze vietate dalla Francia sono Acetamiprid e Thiacloprid, due nomi che dicono poco alla maggioranza dei lettori mentre più nota è la classe cui appartengono: neonicotinoidi, un tipo di sostanze ritenute pericolose per le api e di conseguenza per tutto l’ecosistema. Nel 2018 la Commissione ne aveva già vietati tre in tutta l’Unione e pochi mesi dopo la Francia ha aggiunto a questa lista altre due molecole con decreto d’urgenza.
Ne è nata una diatriba legale tra governo francese e Uipp (Union des industries de la protection des plantes), l’associazione che riunisce i produttori di agrofarmaci. Uipp ha fatto ricorso al Consiglio di Stato d’oltralpe per far annullare il decreto, ma il Consiglio ha rimpallato la questione alla Corte del Lussemburgo. Che ha dato ragione alla Francia: la procedura seguita è corretta. Ma la vicenda non è chiusa: nei prossimi mesi il Consiglio di Stato francese dovrà pronunciarsi sul merito.
“L’Italia segua l’esempio”. “Questa sentenza toglie un alibi a chi sostiene che alcuni pesticidi potenzialmente pericolosi non si possano togliere dal mercato perché ‘lo dice l’Europa’” commenta Angelo Gentili, responsabile agricoltura per Legambiente, che continua: “Ora chiediamo che anche l’Italia vieti quelle due sostanze. Non solo: chiediamo una presa di posizione definitiva anche sul glifosato, che venga messo al bando una volta per tutte perché ci sono abbastanza evidenze del fatto che comporti un rischio elevato”. Il glifosato è il diserbante più usato al mondo, accusato di provocare il linfoma non Hodgkin e l’Europa rimanda da anni la decisione se rinnovare la licenza oppure no.
Il principio che passa, continua Gentili, è che “gli Stati hanno piena autonomia in questo tipo di decisioni, che naturalmente devono essere comprovate dalla scienza. Le api sono sotto minaccia di estinzione e la colpa è anche dell’uso massiccio che si è fatto dei neonicotinoidi”.
Di parere opposto è Alberto Ancora, presidente di Federchimica-Agrofarma, omologa della Uipp francese: “Con questa sentenza entriamo in un quadro normativo di estrema incertezza. Passa il principio che un Paese possa vietare molecole senza dimostrarne l’urgenza né portare elementi scientifici a supporto”. Ancora spiega che “per registrare un nuovo agrofarmaco ci vogliono 10-12 anni e un investimento che arriva anche a 300 milioni di euro. Logico che, in un quadro così incerto, le aziende siano scoraggiate a fare innovazione” e sottolinea come “negli ultimi anni siano sempre meno le sostanze a disposizione degli agricoltori. Il risultato è che allo scoppiare di un’emergenza, come ad esempio la cimice asiatica, veniamo colti di sorpresa”.
In realtà il regolamento europeo 1107/2009, la normativa di riferimento per il settore, stabilisce già che un Paese membro possa imporre limitazioni o mettere al bando un pesticida. Basta che abbia già informato la Commissione in precedenza e che presenti evidenze scientifiche. La Francia ha invece agito con un blitz: un decreto d’urgenza che – secondo la Uipp – non era né urgente (la legge sulla biodiversità che chiedeva il divieto di neonicotinoidi è di due anni prima) né basato su solidi argomenti scientifici. Prove scientifiche che, secondo il mondo ambientalista, sono già sufficienti.
Federico Formica, Repubblica.it