Istrionico e guascone, generoso eppure collerico: il sovrano nordafricano, rifugiatosi in Italia dopo un golpe, divenne famoso come spregiudicato giocatore d’azzardo. Spesso barava, ma con aristocratica disinvoltura
(di Cesare Lanza per LaVerità) Oggi vi parlo di Faruk, re d’Egitto in esilio, tra i giocatori più famosi del mondo anche per questo celebre episodio: in una partita al casinò di Sanremo, di fronte a un avversario che gli annunciò, sicuro di vincere, un poker di donne, replicò «poker di re» (un punto clamorosamente superiore), però anziché mostrare le sue carte, con regale disinvoltura le mescolò nel mazzo. E nessuno, neanche il giocatore frodato, ebbe il coraggio di intervenire, neanche il croupier addetto a vigilare sulla regolarità del gioco. Leggenda o realtà? Sono sempre stato molto curioso e a metà degli anni sessanta (l’episodio sarebbe avvenuto nel 1952) provai a verificare com’erano davvero andate le cose. Ero giovanissimo, abitavo a Genova e avevo il gioco nel sangue, come tanti zii materni: perciò, quando potevo, andavo a fare qualche puntatina nella prestigiosa casa da gioco ligure. Un giorno riuscii a parlare di Faruk con un giocatore tra i più anziani. Vi riferisco lo scambio di battute, che ricordo molto bene. «Una favola o un episodio reale?» «Tutto vero. Ero presente, non al tavolo dove si giocava a poker, ma in un’altra sala. Ci fu scalpore: tutti, in tutte le sale, ne parlavano…» «Faruk frequentava spesso il casinò?» «Quasi ogni giorno. Gli piaceva il poker e chiedeva a volte che gli organizzassero una partita. Il poker non era un gioco previsto, a quei tempi. Ma come si poteva dir di no a un re?» «E lui come si comportava? Affabile o altezzoso?» «Macché altezzoso. Uno di noi! Aveva però i suoi capricci… Ad esempio, ordinava tremende frittatone di cipolle, gigantesche. E le mangiava ai tavoli verdi, mentre giocava alla roulette, a chemin de fer e anche a poker. Chi gli sedeva vicino, era disgustato. Ma in silenzio. Nessuno fiatava, non osavano contrastarlo» «E allora, quella sera nella partitissima a poker cosa successe esattamente?…» «Tutti quelli che avevano la possibilità di permetterselo, erano spinti dall’ambizione di sedersi al tavolo con Faruk. E arriva quella fantastica mano, i testimoni me l’hanno raccontata perfettamente. Rilanci su rilanci, l’ultimo rilancio è del re; e il suo avversario, che ha in pugno un poker di donne, vede e scopre le carte: poker di donne. Ovviamente è certo di vincere…» «E Faruk?» «Impassibile. Dice: poker di re. E prima che il croupier possa fermarlo, mescola le sue carte con quelle del mazzo. Allunga le sue manone e si prende la montagna di gettoni sul piatto!» «Non si è mai saputo quale fosse il suo vero punto?» «No. In quel momento, nessuno ha fatto obiezioni» «Si dice che il croupier abbia chiesto l’intervento del direttore dei giochi…» «A me non risulta. Nessuno me ne ha mai parlato». «E si mormora che il direttore abbia detto: se non ci sono proteste e contestazioni, la partita prosegua.» «Non lo so. Mi sembra improbabile». «Si dice anche che un’ora dopo Faruk abbia commentato con gli amici: “Avevo un tris di re. Ma il quarto re ero io, o no?» «Può essere. A me non l’ha detto e non so niente. Al tavolo di certo non lo disse. Mi sembra solo una battutaccia». «Faruk era vincente o perdente?» «Era un giocatore perdente perché non dava importanza al denaro e faceva puntate assurde. Milioni! Milioni di allora. Ma quando vinceva, erano somme enormi. Raramente però smetteva di giocare quando era in vincita. Gli piaceva giocare. Vincere o perdere sembrava una cosa secondaria, per lui».
Oggi, dopo decine di anni di esperienze, posso dire che molti giocatori (non solo ricchi o agiati, e nient’affatto nobili, ma anche poveri o bisognosi) si comportano con lo stesso atteggiamento di Faruk. È una delle molte perfidie psicologiche del gioco d’azzardo. Faruk, secondo una nota di Sanremonews del 2009, arrivò a Sanremo a bordo di Fakhr-el-Bihar (uccello di mare) il nome del favoloso yacht del re. Una sorta di nave lunga 80 metri, con 60 uomini di equipaggio: le foto dello studio sanremese Moreschi lo mostrano ormeggiato nel porto di Sanremo nel 1951. Era un grande “mangione”: una volta, seduto al tavolo verde, per riprendersi le forze che sentiva mancare si fece portare sei uova all’ostrica ed un’altra volta per lo stesso motivo si fece portare sei polli amburghesi arrosto. Nel 1950 Pierbusseti, il gestore del casinò di Sanremo, di cui re Faruk d’Egitto aveva contribuito ad accrescere la fama a livello mondiale, giocando cifre da capogiro, organizzò in suo onore una serata gastronomica. Per l’occasione venne da Roma Alfredo, il famoso re delle fettuccine, che preparò una cenetta prima di andare in teatro per assistere ad una speciale rappresentazione dell’Aida. Il re, appesantito per la cena dormì profondamente per tutto il primo atto, si svegliò nell’intervallo ed abbandonò il teatro per salire nel privè». Un altro argomento interessante riguarda il suo rapporto con le donne: comportamenti molto diversi, dall’insolenza alla gentilezza. Vincenzo Napolitano, croupier in pensione, che ha avuto spesso il re come giocatore al suo tavolo, ricorda la sua abitudine di lanciare le olive, rigorosamente taggiasche, in direzione del balconcino della signora verso cui rivolgeva le sue attenzioni. Aveva una mira eccezionale: centrava spesso il bersaglio al primo colpo e subito dopo inviava regali importanti o bigliettini galanti, tramite i suoi inservienti. Faruk – così si dice – era un eccellente giocatore, anche se non sempre onesto, anzi spesso pronto a barare, per scherzo o no.
E due episodi sono al centro di citazioni, nei ricordi dei giocatori: uno è quello che ho raccontato, con il misterioso poker di re, annunciato ma invisibile per tutti. Un’altra volta ancora Faruk dichiarò, senza girare le carte, di avere un poker di re. Un giocatore di fronte a lui, che aveva un re tra le sue carte, e quindi il poker non era credibile (nel mazzo i re sono solo quattro) chiese con rispetto: «Maestà, ce le fa vedere le carte?» Faruk, imperturbabile, voltò le carte. Aveva solo tre re, ma subito aggiunse con enfasi: «Il quarto re sono io» Si vede che la battuta lo divertiva molto. Queste storie sono diventate leggendarie, anche altre case da gioco se ne sono appropriate. Di certo il sovrano egiziano è considerato uno dei più grandi giocatori di tutti i tempi. «Chi lo ha visto all’opera è rimasto colpito dal suo aspetto imponente, dalla leggera calvizie, e dagli occhi sempre nascosti da lenti scurissime. Aveva il baffo ad uncino e teneva abitualmente un grosso sigaro stretto tra i denti. Al tavolo era sempre calmo, non si agitava mai e quando perdeva si metteva a ridere. Quando vinceva le mance erano generose, ma imprevedibili» La storia di re Faruk è legata a quella di Pierbusseti e della sua gestione del casinò, segnata da molte polemiche e contestazioni: il personale organizzò il primo sciopero della storia; il Comune gli addebitò più volte gravi inadempienze; la stampa cittadina polemizzò in molte occasioni. Tuttavia, per portare il suo bilancio in attivo basta la sua maggiore impresa, il Festival della Canzone italiana. Per risollevare le sorti della società, Pierbusseti approfittò anche della presenza a Sanremo di re Faruk d’Egitto, che amava soggiornare anche all’hotel Bellevue, oggi sede del Comune. Pierbusseti avviò una lunga trattativa con l’entourage del monarca egiziano per concordare l’apertura di sale da gioco in Egitto alle quali il casinò di Sanremo avrebbe fornito personale, attrezzature ed esperienza organizzativa. Fu inviato persino al Cairo uno dei più importanti dirigenti di allora, Renato Barberio, il quale visitò le varie sontuose residenze reali per scegliere le più adatte allo scopo. Poco tempo dopo, lo stesso Pierbusseti fu convocato in Egitto per siglare l’intesa ufficiale, programmata per la mattinata del 24 luglio del 1952: volò nella capitale egiziana e rimase per poche ore in trepida attesa. Ma un colpo di Stato impedì la cerimonia della convenzione, improvvisamente e per sempre. Fu il colpo di Stato dei militari, avvenuto all’alba del 23 luglio, comandati dal colonnello Gamal Abdel Nasser e dal generale Muhammad Nagib. Il gestore del casinò tornò a Roma, dove «morì improvvisamente» (le virgolette appartengono alle cronache dell’epoca) lasciando in eredità ai soci l’enorme cifra di 475 milioni di debiti. Faruk e la sua famiglia furono costretti, in seguito al colpo di Stato, a partire in esilio a bordo dello yacht reale verso l’Italia: qui ottenne l’ospitalità che in Egitto era stata concessa al nostro ex sovrano Vittorio Emanuele III di Savoia, quando nel 1946 aveva abdicato a favore di suo figlio Umberto II, ultimo Re d’Italia.
L’ex sovrano morì anche lui «improvvisamente» a Roma, a soli 46 anni, il 18 marzo 1965, seduto a tavola per il pranzo. Sulla sua morte i giornali dell’epoca avanzarono diverse versioni, anche quella di un omicidio politico per avvelenamento. Ma l’ipotesi non è attendibile, la morte fu naturale. La popolarità del successore Nasser godeva di un crescente successo. A riprova dell’ormai scarso peso politico di Faruk in patria gli fu concessa la sepoltura al Cairo nella grande moschea di Ahmad al-Rifa. Il giorno dell’abdicazione Faruk lasciò per mare l’Egitto sullo yacht reale, dirigendosi verso l’Italia che aveva scelto come propria residenza. Amava Napoli e, giunto in questa città, si stabilì a Capri. Il divorzio da Narriman arrivò nel febbraio 1954, e poco dopo prese come terza moglie Donna Irma Capece Minutolo di Canosa, erede di una delle famiglie di più antica nobiltà italiana e discendente diretta del celebre Principe di Canosa don Antonio Capece Minutolo, uomo politico, studioso e personaggio di spicco della Controriforma e del Principe di Canosa don Fabrizio, Viceré della città di Napoli durante l’esilio borbonico in Sicilia. La vita di re Faruk ed Irma caratterizzò gli anni della «Dolcevita», assediati dai primi scatti rubati dai paparazzi in via Veneto. I due vissero insieme in totale armonia fino alla tragica ed improvvisa morte dell’ex re. Irma Capece Minutolo è riconosciuta come una delle cantanti liriche più quotate al mondo. Tra i tanti exploit di Faruk giocatore, uno mi è stato raccontato a Montecarlo, patria del gioco d’azzardo e del benessere. Il re era seduto a un tavolo della roulette e vinceva somme favolose. Al suo fianco una donna bellissima e altera: Faruk la provocava – inutilmente con occhiate, gesti e parole offensive. Dopo l’ennesima vincita, il sovrano prese una fisciona da centomila franchi e la spinse mellifluo verso la bellissima, in regalo. La madama la raccolse e la gettò ai croupier, come mancia, senza neanche uno sguardo per Faruk.