«La televisione, al contrario dei giornali, mi dà un’ansia forte»: Edoardo Raspelli, fresco settantunenne, ama il piccolo schermo, oltre alla carta stampata, la prima vera passione che non si scorda mai. E lui, il cronista della gastronomia, si sta prendendo delle grandi soddisfazioni, visto che le repliche di Melaverde su Canale 5 riescono a tener compagnia agli italiani fino alla fine d’agosto con risultati che parlano di un 15,20% di share e 15,37% nel target commerciale.
Una bella rivincita per chi, come Raspelli, si definisce «più vanitoso che grasso». Il peso? «Sono sceso a 88 chili e risalito a 106, per colpa del confinamento», usando giustamente un termine italiano al posto del logoro, e governativo, lockdown. «Mia moglie detesta cucinare, si è ricordata che sua madre aveva un ristorante e si è messa a fare manicaretti».
Durante le lunghe settimane casalinghe però non ha dimenticato di guardarsi nello spot televisivo «Madama Oliva», dedicato all’azienda abruzzese nata nel 1989 e oggi leader a livello nazionale e internazionale nel settore delle olive da tavola fresche confezionate, quindici secondi on air sulle reti Mediaset. «La pubblicità è sorprendente, tre anni fa abbiamo realizzato lo spot nel castello di Lunghezza, ed era stato diffuso sui social, ora è andato in televisione: faccio l’attore, e mi piace».
Sul rapporto «tv e cinema meglio non parlare», dice, «con l’ultimo film fatto sono in tribunale con il produttore». Certo, scrivere sui quotidiani «è autorevole, ma gli ascolti di milioni di persone che ti guardano, magari distrattamente, davanti al piccolo schermo, sono impagabili. Anche perché quando realizzi una trasmissione, e lo sappiamo grazie a chi ci scrive, conta tantissimo la segnalazione della piccola realtà agricola, far vedere l’allevatrice che si fa un mazzo a pera: e io piango, registrando davanti a chi ti racconta una vita».
La televisione, però, diventa cinica quando sceglie all’improvviso di cambiare il cavallo vincente: quando «mi hanno sostituito ho provato grande amarezza, anche pensando ai soldini persi, e poi l’autostima di m…, e arriva l’ansia, la depressione. Mi è successo anche con Piacere Rai1, con Toto Cutugno, Simona Marchini, e Piero Badaloni».
Ora però ci sono le repliche per tutta l’estate dei vent’anni di Melaverde, «che poi è come ritrovare d’incanto il primo amore, anche se c’è una righettina sotto gli occhi». Raspelli ha contato «614 puntate, a partire dal settembre 1998, dopo quattro trasmissioni da inviato, con Toni Garrani e Gabriella Carlucci, produttore Giacomo Tiraboschi». Sempre pronto a lavorare, lottando, in mezzo ai ricordi: «Io non ho mai messo la camicia nera, mio padre invece la aveva anche il 26 aprile 1945, ha fatto un mese di galera, era un quasi federale fascista ma seguiva le pensioni per le vecchiette, ha salvato un’ebrea, Rachele Bettmann».
Ma ecco Edoardo che con Adriano Panatta giocava a tennis, nel 1969 veniva pagato 30 mila lire per un articolo, un direttore come Giovanni Spadolini che lo ha assunto: «Sono stato il primo ad arrivare sul luogo del delitto quando è stato assassinato il commissario Luigi Calabresi. Poi Cesare Lanza mi lanciò, raddoppiando la tiratura del Corriere d’Informazione», grazie alle recensioni dei ristoranti. C’è una storica fotografia in bianco e nero, con Raspelli, Lanza e Ugo Tognazzi, pronti a rispondere telefonicamente ai lettori: «Grande idea, portavamo i personaggi famosi nel giornale e tutti potevano parlare con loro, chiamando la redazione. Tognazzi era un grande personaggio ma parlava solo lui: poi l’ho stroncato, quando Babette Callarà organizzava “L’uomo in cucina”, per colpa di un risotto allo spumeggio, con al centro una bottiglia con lo champagne che usciva e bagnava tutto il piatto».
Ma quale puntata di Melaverde vorrebbe realizzare Raspelli domani? «Ne farei una subito con due servizi, uno sulla famiglia Nonino e l’altro su Angelo Gaja e il Barbaresco: vorrei unire personaggi della storia italiana del cibo e del vino con i loro prodotti importanti».
La richiesta da parte del pubblico «c’è, eccome, ma siamo più noi giornalisti a dare spazio a certa gente piuttosto che ad altra, perché gli ascolti di molte trasmissioni sono ridicoli, certi programmi non raggiungono l’1%. Bisogna dire che le televisioni hanno valorizzato i grandi cuochi, io ho portato nel piccolo schermo Carlo Cracco quando non era nessuno, per esempio». Quegli chef che ora piangono, per mancanza di turisti. Oggi «il confinamento ha creato enormi problemi a tutti, per la ristorazione è ancora peggio. Il lato positivo? Adesso, quando va al ristorante, una persona non vuole essere presa in giro, magari con le capesante affogate nella panna e nella liquirizia, chiede più cucina italiana, sapori rassicuranti».
E pensare che Raspelli, se nel 2020 si diverte con un seguitissimo magazine e un concorso di bellezza come «Miss senza trucco», elogiato pure da Oliviero Toscani, per premiare le ragazze che non vogliono nascondere i difetti utilizzando i cosmetici, in passato ha usato la penna come la spada, stroncando locali dove c’erano «i camerieri con la faccia da schiaffi», collezionando carte giudiziarie ed assoluzioni, ma anche divertendosi. Un esempio? «Era il 1985, direttore della Domenica del Corriere Pierluigi Magnaschi. E io propongo: perché non mi mandi a fare il cameriere in riviera? L’ardire venne premiato. Con 500 mila lire consegnate per andare da Fraizzoli a comprare la divisa, eccomi pronto per sbarcare all’hotel Abc Rivazzurra di Rimini. Risultato? Cinque pagine. Già il nome del proprietario valeva un racconto: Attilio Regolo Secondo Patrignani…».
Gianfranco Ferroni, ItaliaOggi