
«Un 38enne italiano è risultato positivo al test del coronavirus. Sono in corso le controanalisi a cura dell’Istituto superiore di sanità. L’uomo originario di Castiglione d’Adda e dipendente dell’Unilever di Casalpusterlengo, è ricoverato in Terapia intensiva all’ospedale di Codogno», in provincia di Lodi, «i cui accessi al Pronto soccorso e le cui attività programmate, a livello cautelativo, sono attualmente interrotti». Lo ha comunicato nella notte l’assessore al Welfare della Regione Lombardia, Giulio Gallera. Le sue condizioni sono ritenute molto gravi ed è stato deciso il trasferimento all’ospedale Sacco di Milano, punto di riferimento nazionale per le bioemergenze insieme all’istituto Spallanzani di Roma. Anche la moglie, che è risultata positiva al testa, è stata ricoverata nella struttura milanese.
L’uomo era andato a cena con un amico rientrato dalla Cina, che adesso è in isolamento al Sacco, dopo essersi spontaneamente recato all’ospedale. Si tratta di un manager che lavora a Fiorenzuola d’Arda e che trascorre la maggior parte dell’anno in Cina. È rientrato in Italia tra il 20 e il 21 gennaio, ma è sempre stato bene, tranne il 10 febbraio, quando ha avuto dei leggeri sintomi influenzali. Adesso sta bene, perciò non si è certi che sia lui il «paziente zero». Tanto il tempo che è infatti trascorso: «Tra la cena e il manifestarsi dei sintomi sono passati 16 – 18 giorni», ha evidenziato l’assessore Gallera su Rai 3. Nella struttura lodigiana è arrivata in aiuto un’èquipe del Sacco. Il trentottenne aveva manifestato una forte insufficienza respiratoria, che ha fatto scattare i controlli specifici, si è presentato al Pronto soccorso il 19 febbraio. Tamponi sono stati effettuati a tutti i suoi colleghi. «Abbiamo già ricostruito sia i contatti dei medici, degli infermieri, dei familiari più stretti a cui abbiamo già fatto i tamponi – ha spiegato ancora l’assessore –. Sono già stati messi tutti in isolamento o chiamati a stare in isolamento al loro domicilio». In tutto si tratta di una settantina di persone. «La macchina quindi si è mossa con rapidità», è la conclusione dell’amministratore lombardo.
Si aggrava il bilancio in Cina
Intanto è salito a 75.465 il numero dei casi di infezione da coronavirus in Cina, con il bilancio dei morti arrivato a 2.236. È quanto hanno reso noto oggi le autorità sanitarie cinesi che hanno precisato che nelle ultime 24 ore si sono registrati 889 nuovi casi e 115 decessi. Al dato sui contagi confermati si aggiungono 1.614 casi sospetti, mentre 2.109 persone sono state dimesse dagli ospedali del Paese.
Lo sbarco dalla nave da crociera
È iniziato lo sbarco dalla nave da crociera Diamond Princess, messa in quarantena nel porto della città giapponese di Yokohama, di altri 450 passeggeri risultati negativi al test sul coronavirus. Con questo folto gruppo, il governo giapponese metterà fine alla prima fase dei evacuazione dei passeggeri, la cui quarantena di due settimane si è conclusa mercoledì. Tra mercoledì e giovedì sono sbarcati 717 passeggeri, mentre i casi di positività accertati sono 634. Oggi è prevista anche la partenza del volo che riporterà in patria una ventina di italiani.
I contagiati in Corea del Sud salgono a 204
La Corea del Sud registra altri 48 casi: il totale sale così a quota 204. Lo ha reso noto il Korea Centers for Disease Control and Prevention citato dall’agenzia Yonhap. I 48 nuovi casi accertati si aggiungono ai 52 precedentemente annunciati. Dei cento nuovi casi confermati oggi, 86 sono stati identificati nell’area di Daegu, la città da 2,5 milioni di abitanti nel sud del Paese che ha visto un forte innalzamento della diffusione del coronavirus nei giorni scorsi.
Studenti cinesi dall’Australia alla Thailandia
Migliaia di studenti cinesi iscritti in università australiane si stanno raccogliendo in Thailandia, per compiere il periodo di quarantena di due settimane prima di raggiungere l’Australia per iniziare a frequentare il primo semestre 2020. Ieri il governo di Canberra ha esteso il divieto di ingresso totale a turisti e studenti dalla Cina per un’altra settimana, fino almeno al 29 febbraio. La decisione, che vieta a tutti i residenti non australiani l’ingresso dalla Cina, impedisce a circa 100.000 studenti internazionali di frequentare le università australiane. Altri studenti cinesi sono in transito verso l’Australia attraverso Malaysia, Dubai e Cambogia –riferisce oggi il quotidiano The Australian –. Intanto una delle maggiori università australiane, la Western Sydney University, ha offerto ai suoi 300 studenti bloccati dal divieto di ingresso un sussidio di 1.500 dollari (930 euro) per coprire le spese della quarantena di due settimane che devono trascorrere in paesi diversi dalla Cina prima di tornare in Australia. Il primo ministro Scott Morrison ha detto che «il governo sta considerando misure per cercare di minimizzare l’impatto del divieto di ingresso in vari settori, particolarmente quello dell’istruzione».
C. Ba., Lastampa.it