Fire, servicer indipendente del mondo del credito, punta a raddoppiare in 4 anni i ricavi, che al 31 dicembre 2019 sono stati pari a circa 49 milioni, con una tasso annuo di crescita composto del 20%. A fare il punto con la stampa e gli investitori, giorni fa a Milano, sono stati i vertici del gruppo siciliano, che lo scorso anno ha portato la marginalità in doppia cifra e che punta a raggiungere un Ebitda del 20%, grazie anche a investimenti per 17 milioni fra digitalizzazione, gestione dei dati e inserimento di nuove figure professionali. Il gruppo, guidato dal presidente Sergio Bommarito e dai manager Alberto Vigorelli e Claudio Manetti, per la propria crescita punterà in particolare sui rapporti con le banche piccole e medie, sfruttando le proprie dimensioni e competenze per aiutarle a gestire i crediti lungo tutto il loro ciclo di vita, sin dai primi eventuali segnali di deterioramento. Fire non esclude nemmeno, nella parte finale del piano presentato oggi, che arriverà fino al 2023, di poter effettuare attività di m&a o di aprire il capitale a nuovi soci attraverso una quotazione. “Non siamo costretti a farlo, ma è una nostra ambizione. Questo piano non è fatto per andare in Borsa, ma per rafforzare e valorizzare l’azienda, managerializzandola”, hanno spiegato i vertici. Un’altra ipotesi che potrebbe essere vagliata, a fronte di un settore bancario in subbuglio, soprattutto fra gli istituti più piccoli, è quella di acquisire la piattaforma di gestione dei crediti deteriorati di alcune banche, assieme ai portafoglio di npl stessi. Oltre che sul fronte delle sofferenze, Fire punta a sviluppare anche gli altri lati del proprio business, come quello della gestione dei tributi per la fiscalità locale: anche su questo fronte il gruppo prevede un raddoppio dei ricavi entro 4 anni, espandendo la propria attività nei comuni di media dimensione e sulle aree territoriali meno coperte e con elevato potenziale (Sardegna, Piemonte, Liguria, Toscana Sicilia).