Ora “non vedo l’ora di riprendere il lavoro, ma non voglio perdere quello che ho compreso in questi mesi. Non voglio più perdere tempo nelle stupidate. Siamo portati a ripetere gli stessi errori, ma cercherò di ricordarmi tutto” Lo dice il giornalista, conduttore ed ex direttore di Rai3, Andrea Vianello, in un Auditorium del Maxxi strapieno, con il pubblico (tanti anche gli amici e colleghi) che ha riempito persino l’atrio del museo, parlando dell’ictus quasi mortale che lo ha colpito un anno fa (il 2 febbraio 2019) e delle tappe del suo percorso di riabilitazione grazie al quale ha recuperato le capacità di parlare. Esperienze che ha raccontato con grande verità nel libro Ogni parola che sapevo (Mondadori), del quale Francesco Siciliano ha letto alcuni emozionanti passaggi. “Fare il libro era una necessità e una terapia perché volevo scrivere e non ci riuscivo. L’ho fatto da solo, senza usare nemmeno la correzione automatica. E’ stata dura ma è stato anche bello – ha spiegato il giornalista – . Mentre scrivevo purtroppo io e mio fratello abbiamo anche perso il nostro papà, è stato un anno duro. E ho finito di scrivere il libro anche per lui, perché era un progetto che lo aveva reso felice”. Vianello ha ringraziato tutte le persone che gli sono state vicino, a cominciare dalla moglie Francesca (“una donna straordinaria e molto forte, chissà perché venti anni fa ha scelto proprio me”) e tutti i medici e gli operatori sanitari che l’hanno salvato, assistito e aiutato nella malattia e nel percorso di guarigione (molti erano in sala) all’Umberto I e nella clinica Santa Lucia di Roma (“ho trovato persone straordinarie nella sanità pubblica”). “Io – ha sottolineato – ero un cretino a dire che non volevo restare un uomo a metà. Chi ha avuto un ictus è un uomo intero, anzi è più forte di prima. Quando ti succede una cosa come questa si può usare quello strano periodo in cui l’abisso ti guarda per capire le priorità della vita”. Ictus “è una parola che fa paura, ha sopra un tabù, come l’ha avuto per tanti anni la parola tumore. E l’ictus fa paura prima di tutto a noi che l’abbiamo avuto. Sembra quasi ci sia arrivato per colpa nostra e non è assolutamente così. Io sono stato fortunato, ci ho messo un po’ di tempo, ma ho ripreso a parlare, anche se non sono la voce più veloce del west. Il danno ancora c’è, ma è una malattia che oggi si può prevenire, poi si può curare e c’è la riabilitazione: la medicina ha fatto grandi passi avanti”. Con il tempo “magari non riusciremo a tornare esattamente come eravamo, ma non è un problema, tutti cambiano, ogni giorno”. Ora “spero, parlandone, di aiutare qualcuno che ha vissuto quest’esperienza. Già dopo la mia partecipazione alla trasmissione di Gramellini, tante persone mi hanno ringraziato”.
Vianello vuole inoltre far conoscere di più i rischi di ischemia cerebrale che sarebbero legati anche al sottoporsi a manipolazioni al collo violente fatte da osteopati o chiropratici: “Io ne avevo fatta poco prima che avessi l’ictus, non avevo colesterolo e non c’era altro motivo perché mi colpisse, se non un problema meccanico, anche se non ci sono certezze. Non ci sono numeri su questo, ma c’è l’esperienza dei neurologi, dicono che può succedere ed è una cosa che pochi sanno”. All’incontro insieme a Vianello hanno parlato dell’esperienza che ha vissuto e del libro, amici come Giovanna Melandri, presidente della fondazione Maxxi; Stefano Coletta, nuovo direttore di Rai1 (ed ex direttore di Rai3); il direttore di Radio3 Marino Sinibaldi, la scrittrice e sceneggiatrice Simona Sparaco. In platea fra gli altri, Edoardo Vianello, zio del giornalista, Michele Mirabella, Enrica Bonaccorti, Carlo Massarini, gli ex direttori generali della Rai Luigi Gubitosi e Mario Orfeo; Arturo Diaconale, Nino Rizzo, Nervo, Marianna Madia, Francesco Verducci, Luciano Nobili, Francesco Boccia.
Francesca Pierleoni, ANSA