L’annuncio giunge nel giorno del suo 83esimo compleanno: Papa Francesco ha abolito il «segreto pontificio» sui casi di abusi, di violenze sessuali e pedopornografia da parte di chierici a danno di minori. È l’effetto del Rescriptum ex audientia – documento firmato dal Pontefice dopo una udienza – pubblicato oggi con cui viene promulgata l’Istruzione “Sulla riservatezza delle cause”.
Con questo documento Francesco introduce novità senza precedenti per il contrasto della piaga della pedofilia nella Chiesa, nel nome di una trasparenza che tante volte in passato è venuta meno permettendo la reiterazione di episodi di abusi. Pur tutelando la riservatezza per evitare danni alla reputazione degli imputati prima delle sentenze, non saranno infatti più coperte dal grado elevatissimo di confidenzialità imposto dal segreto (con relative sanzioni per chi lo violasse) le cause per pedofilia intentate in Vaticano contro sacerdoti e vescovi. Inoltre denuncianti, vittime e testimoni non saranno più tenuti essi stessi alla segretezza.
Con un secondo rescritto, inoltre, il Papa modifica le “Normae de Gravioribus Delictis” riservate alla Congregazione della Dottrina della Fede, già cambiate nel 2010 da Benedetto XVI. Nel concreto, viene elevato dai 14 ai 18 anni il limite al di sotto del quale l’abuso è considerato tra i delitti più gravi; si include inoltre la possibilità anche per i laici di fungere da avvocato o procuratore e, soprattutto, viene consentito ai magistrati civili degli altri Paesi di avere accesso agli atti dei processi canonici. Rimane fermo invece il punto sul sigillo della confessione sacramentale, ovvero il segreto durante la confessione, messo in discussione recentemente da ordinamenti di Paesi come India o Australia che vorrebbero imporre ai preti confessori di denunciare alla pubblica autorità i casi di abusi confessati dai penitenti.
I due rescritti sono in sostanza una chiosa giuridica ai risultati e le proposte emerse al termine del grande Summit contro la pedofilia del febbraio scorso, che ha riunito in Vaticano i presidenti delle Conferenze episcopali di tutto il mondo. Il tema, sollevato dall’arcivescovo Charles Scicluna, segretario aggiunto della Congregazione per la Dottrina della Fede ed ex pm vaticano per le inchieste su abusi, era stato discusso vivacemente in assemblea tra chi si dichiarava favorevole e chi contrario. Lo rivelava il cardinale Reinhard Marx, presidente dei vescovi tedeschi, spiegando in una conferenza stampa: «Ogni obiezione basata sul segreto pontificio sarebbe rilevante solo se si potessero indicare dei motivi convincenti per cui il segreto pontificio si dovrebbe applicare al perseguimento di reati riguardanti l’abusi di minori. Allo stato attuale, io di questi motivi non ne conosco».
Più nel dettaglio, l’Istruzione “Sulla riservatezza delle cause” prevede all’articolo 1 che «non sono coperti dal segreto pontificio le denunce, i processi e le decisioni riguardanti i delitti» in materia di abusi su minori, di cui nel Motu proprio «Vos estis lux mundi» e nelle norme «de gravioribus delictis». All’articolo 2 il documento stabilisce che «l’esclusione del segreto pontificio sussiste anche quando tali delitti siano stati commessi in concorso con altri delitti». Mentre al punto 3 si specifica che nelle cause di abusi «le informazioni sono trattate in modo da garantirne la sicurezza, l’integrità e la riservatezza», come previsto dal Codice di Diritto Canonico, «al fine di tutelare la buona fama, l’immagine e la sfera privata di tutte le persone coinvolte». In altre parole, la soggezione di questi delitti al «segreto pontificio» viene fatta regredire al semplice «segreto d’ufficio» previsto a tutela della buona fama delle persone coinvolte.
In ogni caso, secondo l’articolo 4, il segreto d’ufficio non ostacola l’«adempimento degli obblighi stabiliti in ogni luogo dalle leggi statali, compresi gli eventuali obblighi di segnalazione», nonché l’«esecuzione delle richieste esecutive delle autorità giudiziarie civili». Il che comporterà una migliore collaborazione con le magistrature dei diversi Stati e anche un più agevole espletamento dell’«obbligo di denuncia» da parte dei superiori nei casi di abusi, già previsto dalle altre normative introdotte da Bergoglio.
«A chi effettua la segnalazione, alla persona che afferma di essere stata offesa e ai testimoni», prevede infine l’articolo 5, «non può essere imposto alcun vincolo di silenzio riguardo ai fatti di causa».
Come spiega monsignor Juan Ignacio Arrieta, segretario del Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi, d’ora in poi anche a un fedele laico (specializzato in diritto canonico) e non solo ai sacerdoti di essere procuratore o avvocato nei processi per pedofilia. Mentre Giuseppe Dalla Torre, già presidente del Tribunale Vaticano, evidenzia che la caduta del segreto pontificio su questi casi va «modificare l’ordinamento giuridico canonico, ordinamento originario, quindi indipendente ed autonomo, allineandolo per quanto attiene alla questione degli abusi con i livelli di trasparenza e garanzia assicurati ormai dagli ordinamenti di più elevata civiltà giuridica».
Salvatore Cernuzio, Lastampa.it