(di Tiziano Rapanà) Weekend di fuoco a Roma, per la sindaca Raggi. Scenario dal film western per il primo cittadino, che dovrà subire il purgatorio – inferno no, non esageriamo – del dissenso. Sabato dal palco di piazza San Giovanni il leader della Lega Matteo Salvini tornerà a chiedere le dimissioni della prima cittadina pentastellata, mentre già da domani il Pd cittadino ha organizzato una serie di banchetti in città per dire “Raggi, ora basta!”. In maniera bipartisan, i 5 stelle subiscono un colpo dall’opposizione e dalla maggioranza (di governo). Più che immaginare le reazioni della Raggi e dei suoi sodali, penso al povero Pierluigi Diaco e alla solitudine di qualche anno fa. Ve lo ricordate? Lì solo soletto a chiedere le dimissioni della Raggi? Era il dicembre del 2016, un po’ prima dell’avvento delle feste natalizie. In quei giorni, il conduttore di Io e te, aveva lanciato un’iniziativa di protesta contro la sindaca. Diaco si era inventato un flash mob silenzioso ai piedi del Campidoglio per chiedere, le dimissioni della Raggi. Sapete in quanti hanno aderito alla protesta del giornalista? Una persona, soltanto una. Il flop straordinario, Diaco lo commentò – ai microfoni di Repubblica – così: “Non mi aspettavo più partecipazione, il senso civico di questa città è venuto meno. Il mio è un gesto piccolo e vuole essere semplicemente un atto d’amore verso Roma” . Chissà come giudicherà adesso Diaco, questo fiammeggiante falò del disaccordo attorno alla Raggi. Per carità sono passati tre anni e il malcontento è aumentato, epperò il povero Diaco non se l’è filato nessuno. Mentre tutte queste manifestazioni sono attraversate dall’entusiasmo e partecipazione di un pochetto di gente. Immagino l’amarezza nel vedere la ressa attorno a Salvini, che chiede le dimissioni della Raggi, e paragonarla con il suo sconfortante deserto animato da una piccola folla di curiosi passati per caso, per capire che cosa stava succedendo. Gli va comunque riconosciuto di essere stato un precursore dei tempi e può in fondo consolarsi pensando che i politici, rispetto a lui, si sono mossi con tre anni di ritardo.