Rivoluzione birra: cambiano le professioni, i consumatori, i trend di sviluppo. E c’è chi ne fa un integratore per lo sport

Il mondo della birra negli ultimi anni è cambiato e sta continuando a mutare radicalmente. Basti pensare che il settore, secondo i dati dell’Osservatorio Birra, dal 2015 al 2017 ha creato circa il doppio dell’occupazione (+5%) rispetto alla media nazionale (2%). I numeri sono legati prevalentemente agli andamenti positivi delle vendite di questo prodotto, conseguenza diretta dell’incremento della domanda. Risultati dovuti anche ad una diffusione maggiore della cultura birraia, che, complice il rafforzamento degli investimenti dell’industria in continua ricerca e innovazione, si è sparsa a macchia d’olio nel Paese. Il prodotto offre un’immagine di sé che non richiama più solo i boccali traboccanti di schiuma dell’Oktoberfest, ma che riguarda invece un settore che è mutato a 360°: dalle sue professioni, ai modi di consumo sino a trend di sviluppo futuri.

Il lavoro nel mondo della birra

Althesys, per conto della Fondazione Birra Moretti, ha realizzato lo studio “Le (insospettabili) professioni della birra” per far luce sulle potenzialità lavorative del settore. Un dato interessante riguarda la stabilità degli impieghi offerti, per cui il 50% delle persone è assunto da più di dieci anni e un altro 33% è in azienda da almeno cinque anni. Una stabilità che arricchisce un settore dinamico e innovativo dal punto di vista delle professioni richieste. Secondo la ricerca sopracitata, infatti, sono tante le figure altamente specializzate di cui c’è necessità. Una pluralità variegata che spazia da chi si occupa delle materie prime, alla progettazione e realizzazione del prodotto birra, ad ambiti legati a vendita e promozione, sino a dimensioni ancora più innovative. Fra gli impieghi più importanti e ricercati troviamo: il mastro birrario, il tecnologo alimentare (della birra), il coordinatore per la sostenibilità, il beer specialist, lo spillatore, il sommelier della birra, l’ingegnere chimico alimentare, il responsabile laboratorio e controllo qualità, il responsabile sicurezza, l’automation specialist, il digital innovation manager, il commerce specialist, il tecnico grafico e infine il brand ambassador. Molte di queste professioni non sono identificate con nomi che siamo abituati a sentire usare quotidianamente. Come nel caso del tecnologo della birra, una sorta di mastro birraio 4.0. che elabora le ricette ed è responsabile della produzione, in un mix di competenze di ingegneria chimica e tecnologia alimentare. O come per il Brand Ambassador, figura che si colloca nella fase di pre-vendita, un ibrido tra un tecnico della birra e un venditore. Il Brand Ambassador è per l’appunto un ambasciatore del marchio, di cui conosce a fondo tutta la filiera. Un esperto della la birra dal punto di vista tecnico (sa come si produce e come degustarla, ne riconosce stili e tipologie…), che impiega queste informazioni come commerciale per presentare e vendere il prodotto sia al cliente diretto (ristoranti, birrerie…) che a quelli indiretti (distributori ed altri venditori), ai quale può anche fornire servizi di formazione. Proprio per l’alta specializzazione richiesta, il settore oggi punta alla formazione, che risulta essere una necessità cruciale per l’85% delle imprese. Esistono già all’estero molte Università e istituti tecnici che offrono percorsi di laurea focalizzati sul settore, oltre a corsi professionalizzanti che vanno dalla dimensione manageriale a quella della valorizzazione del prodotto finale. In Italia, diversamente, l’offerta universitaria si limita a pochi corsi della Laurea in Scienze e Tecnologie Alimentari. Uno sforzo in questo senso è stato fatto da Heineken Italia, che ha creato l’Università della Birra a Milano, che punta a fornire degli approfondimenti pratici e teorici su molte questioni basilari relative alla produzione del prodotto.

La birra tutto l’anno

Secondo il Report 2018 di AssoBirra i consumi crescono, e la birra è ormai diventata una bevanda che non viene più consumata solo d’estate come prodotto  stagionale, ma che viene scelta tutto l’anno, con volumi che crescono progressivamente. Merito di questa crescita è anche la costante attenzione del settore all’innovazione continua, per far evolvere un prodotto tradizionale e favorirne una maggiore diffusione. Per questo nel settore non aumentano solo consumi, occupazione, numero di stabilimenti, e produzione, ma cambiano anche gli scenari futuri. Secondo il sopracitato lavoro di analisi di Althesys ci sono tre macro-trend attesi nei prossimi 2-5 anni dagli addetti del settore: il 18% degli intervistati ha posto l’accento su innovazione digitale ed e-commerce, il 41% sulla sostenibilità (ideazione di pack sostenibili, gestione rifiuti, implementazione delle materie prime locali…), e l’ultimo 32% sullo sviluppo di nuovi gusti e segmenti nel mercato, come le birre speciali, quelle artigianali e il trend healthy.

Il trend healthy: la birra come integratore per gli sportivi

Come riportato, uno dei nuovi trend nel mondo della birra è quello dell’healty, del salutare, che si declina in molte forme. Il tema della birra e del suo apporto positivo alla salute delle persone (in riferimento a un suo consumo moderato) viene tenuto in grande considerazione non solo dagli interni al settore ma anche da centri di ricerca, esperti dell’alimentazione e della salute. Come sostenuto da studi condotti dall’Istituto Nazionale per la Ricerca sul Cancro di Genova, il luppolo contenuto nella birra, grazie ai suoi flavonidi, sarebbe in grado di proteggere il corpo da alcuni tipi di cancro. In questa direzione svolge un ruolo importante anche lo xantumolo, di cui questa bevanda è ricca, che aiuta l’inibizione della proliferazione delle cellule tumorali. A questo si sommano molte altre qualità positive di questa bevanda, come l’alto contenuto di fibre, di polifenoli utili per un’azione antiossidante e di vitamine(B1, B2, B3, B5, B6, vitamine C, E e J), sali minerali e potassio. Fra la moltitudine di birre presenti sul mercato, spiccano per attenzione al tema salute quelle artigianali, come nel caso della birra Korner, prodotta da un piccolo birrificio del Sulcis in Sardegna. L’idea è nata dal lavoro di due teste unite dalla passione per il mondo dello sport e dell’alimentazione salutare: Filippo Mattu, specialista dell’esercizio fisico e dell’alimentazione sportiva, e Franco Pittau, dietista ed esperto del fitness. Scopo del loro progetto è stato quello di perfezionare le caratteristiche di questa bevanda per avere un prodotto specifico, in grado di fornire agli sportivi tutte le sostanze necessarie dopo l’allenamento fisico. Il risultato di questi sforzi è stata la creazione di Korner, una birra a basso contenuto alcolico, che integra tutti quegli zuccheri e minerali che sono fondamentali dopo aver fatto sport. Gli ideatori descrivono la Korner come “una birra viva, non denaturata, con un ottimo bilanciamento dei nutrienti, sali minerali e sostanze vitaminiche e a azione antiossidante che le conferiscono proprietà rimineralizzanti e protettive”, da consumare comunque in maniera moderata e responsabile. Nella creazione del prodotto è stata data grande attenzione anche al tema degli ingredienti, della tecnologia e dei materiali impiegati, proprio per cercare di offrire un prodotto capace di avere effetti positivi sulla salute. La prossima volta che stapperemo una birra, quindi potremmo sentirci meno in colpa, sempre però senza esagerare.

Michela De Biasio, Business Insider Italia

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