Le immagini di Tikiri diffuse su Facebook da Save Elephant Planet che denuncia: “Costretta a camminare per chilometri ogni notte”. La mobilitazione contro lo sfruttamento degli animali per richiamare i turisti
Il corpo emaciato nascosto da un costume pur di costringerla a sfilare. Impressionano le immagini diffuse sul web di Tikiri, una elefantessa di 70 anni dello Sri Lanka, debole e malnutrita, costretta alla sua età a partecipare ancora con un piccolo “trucco” al festival buddista nel paese di Kandy: per nasconderla agli occhi dei turisti, come da tradizione della parata, l’elefantessa è stata ricoperta da drappi e costumi a coprire il suo corpo pelle e ossa. Nelle foto scattate e condivise su Facebook da Save Elephant Planet durante la “giornata mondiale dell’elefante” viene mostrata Tikiri senza “vestiti”: balza all’occhio il suo corpo anziano, fragile e malato, decisamente debole. Eppure la necessità di farla sfilare, per dieci sere consecutive consumando dozzine di chilometri di strada e offrendo così a curiosi e turisti la possibilità di scattare qualche foto ricordo della parata sembra essere stata più forte della consapevolezza di lasciarla a riposo. Un aggiornamento del 15 agosto mostra l’animale a terra, esausto. “Please, pray for her”, scrivono dal Save Elephant Planet.Non è certo il primo caso di animali, da orsi a squali, da scimmie a tigri, che vengono tenuti in cattività pur di offrire ai turisti qualche selfie ricordo, ma le immagini del corpo di Tikiri da sole raccontano meglio di tanti esempi la brutalità di questa scelta. Gli scatti, che hanno suscitato in rete indignazione per lo sfruttamento dell’animale, sono stati commentati da diversi attivisti e ambientalisti che invitano ora i turisti dello Sri Lanka a boicottare attrazioni in cui vengono utilizzati i poveri elefanti. “Questa è Tikiri, una elefantessa malata di 70 anni. È uno dei 60 elefanti che devono lavorare al servizio del Festival Perahera in Sri Lanka quest’anno” scrive Lek Chailert, fondatore della Save Elephant Foundation.”Tikiri si unisce alla parata ogni sera fino a tarda notte e questo avviene per dieci notti consecutive tra il rumore, i fuochi d’artificio e il fumo. Cammina per molti chilometri ogni notte” a favore delle persone e dei turisti che accorrono per assistere alla cerimonia del festival composto da danzatori, artisti vari ed elefanti decorati e adornati con costumi tradizionali.”Nessuno vede il suo corpo ossuto o la sua condizione di debolezza a causa del costume – continua Chailert – nessuno vede le lacrime nei suoi occhi” scrive ricordando come Tikiri possa soffrire per le luci, i rumori e le catene alle sue zampe. Gli attivisti, per mettere fine a questa “brutalità”, hanno chiesto a turisti e cittadini di scrivere al governo dello Sri Lanka affinché non vengano più usati gli animali durante il festival. Una prima petizione per fermare “questa barbara tortura” ha già ottenuto quasi 10 mila firme.I responsabili del festival hanno dichiarato ad alcuni tabloid inglesi di prendersi “sempre cura degli animali” e che Tikiri è stata regolarmente “visitata da un veterinario”. Solo dopo le polemiche nate grazie alla diffusione delle sue foto, l’elefantessa è stata esclusa dalla parata finale. Il timore è che però, una volta messe a tacere le critiche, dai prossimi festival tutto torni come prima.Per Elisa Allen, direttrice Peta, “le autorità dello Sri Lanka devono smettere per sempre di permettere tale atroce crudeltà e mandare questo povero elefante in un santuario rispettabile dove può essere valutato dai veterinari e, una volta curato, vivere i suoi anni rimanenti in pace”. Per regalare un futuro sereno a Tikiri ed altri elefanti però, sono per primi i turisti a poter far qualcosa di concreto: “Rifiutandosi di cavalcarli ed evitando qualsiasi attrazione che offra o sostenga iniziative con elefanti da cavalcare, incatenati o costretti ad esibirsi”.
Giacomo Talignani, repubblica.it
“È più importante impedire ad un animale di soffrire o di morire, piuttosto che restare seduti a contemplare i mali dell’universo pregando in compagnia dei sacerdoti.” (Buddha)