L’addio di Coats arriva al termine di mesi di scontro innescati dalle ripetute critiche all’intelligence di Trump. Coats si è battuto a spada tratta in difesa dei suoi uomini. Fra i due non è mai scattato nulla: il loro rapporto è stato caratterizzato da battaglie e incomprensioni e Trump non gli hai risparmiato critiche. Secondo indiscrezioni, è da mesi che il presidente vorrebbe rimuovere Coats, «colpevole» di averlo contraddetto pubblicamente presentando il punto di vista dell’intelligence al Congresso su Iran, Russia, cambiamento climatico e Isis. Ma sarebbero state soprattutto le parole di Coats sulla Corea del Nord e sulla mancata volontà del leader Kim Jong un a denuclearizzare che avrebbero fatto Trump a irritare. A Trump non sarebbe piaciuta neanche la tempistica con cui Coats, poco prima dell’incontro del presidente con Vladimir Putin, ha scelto di rendere noti i timori dell’intelligence sulla campagna di cyberattacchi portata avanti da Mosca e che metteva a rischio la democrazia americana.
Repubblicano rispettato molto anche dai democratici, Coats è stato uno dei maggiori alleati del vice presidente Mike Pence quando era senatore per l’Indiana. E sarebbe stata proprio l’alleanza con Pence che lo avrebbe schermato per mesi da un possibile licenziamento da parte di Trump. Ratcliffe avrebbe incontrato privatamente Trump il 19 luglio alla Casa Bianca, in un colloquio finalizzato a capire se era intenzionato o meno ad accettare l’incarico. Meno di una settimana dopo Ratflicce ha incalzato Mueller, accusandolo di non aver seguito le linee guida del Dipartimento di Giustizia nell’aver detto che non poteva esonerare Trump sull’ostruzione di giustizia.
La Stampa