ROMANZESCA STORIA DEL BARONE CESARE LANZA (MIO OMONIMO)…
(di Cesare Lanza per Il Quotidiano del Sud) Oggi vi parlerò di me, anzi di un mio remoto omonimo di seicento anni fa, e sono sicuro (forse presuntuosamente?) che questa storia romanzesca non vi annoierà. Gli amici mi sfottono, i curiosi me ne parlano e mi scrivono, i massmedia – com’è giusto – continuano a occuparsene, a ogni opportuna occasione. L’ultima occasione arriva dal ‘Giornale di Sicilia’, che si occupa di un bel libro di Antonio Cangemi su storie di coppie tra passione e onore D’amore in Sicilia, Dario Flaccovio editore. Dirigente alla Regione, ma anche autore di innumerevoli saggi, sillogi di poesie e pamphlet umoristici, Cangemi intraprende un viaggio intrigante e profondo (non voyeuristico) all’ interno della vita di diciassette famose coppie. Ebbene, cosa c’entro io? Vi spiego. Insieme con tante altre storie di amore ed erotismo (le più recenti tra Elio Vittorini e Rosa Quasimodo e Vitaliano Brancati e Anna Proclemer), che si svolgono sull’Isola, Cangemi si occupa anche di Cesare Lanza, barone di Carini, mio omonimo. È la storia, già nota a molti, della infelice figlia, uccisa con l’amante Ludovico, il 4 dicembre 1563 dal violento e gelosissimo padre, appunto Cesare Lanza, con due colpi di archibugio. Quel Lanza di seicento anni fa non poteva sopportare che la figlia disonorasse il suo nome, tradendo il marito? Forse,vedremo. Non a caso Matteo Collura nella prefazione scrive che «in Sicilia, parlare d’amore, può significare invadere territori che appartengono all’onore, alla sacralità della famiglia, al bene più prezioso che una donna custodisce in sè, spesso l’unico patrimonio su cui contare». Forse!
UNA TRAGICA STORIA, LA VERITÀ UFFICIALE DEI CANTASTORIE E IN TV
La tragica fine di Laura Lanza di Trabia, meglio nota come la Baronessa di Carini, ha affascinato nei secoli e continua ad affascinare milioni di persone. Su questa vicenda hanno scritto, qualche volta a vanvera, tanti storici, studiosi e non solo. Anche i cantastorie. E anche la televisione, in due sceneggiati (nel 1975 e nel 2007).
I fatti non sonofrutto di fantasia, tuttavia la storia è stata “abbellita”,per la verità è stata stravolta. Il primo a scriverne fu uno studioso ottocentesco, l’antropologo Giuseppe Salamone Marino, che nel 1870, pubblicò un poemetto, L’amaro caso della signora di Carini, raccogliendo le tante storie e leggende orali, circa 400. Nel poemetto si raccontava che la giovanissima baronessa di Carini, Laura Lanza di Trabia, era stata sorpresa, dal padre, don Cesare Lanza barone di Trabia e pretore di Palermo, ed al marito, Vincenzo La Grua Talamanca barone di Carini, in compagnia del suo amante, Ludovico Vernagallo, e viene uccisa (insieme all’amante) per salvare la “rispettabilità della famiglia.”
OTTO FIGLI E DEBITI IMPONENTI LA VERITÀ SEMBRA BEN DIVERSA
Ma che cosa accade realmente il 4 dicembre 1563? La storia faceva acqua da tutte le parti, come mise in evidenza lo studioso Alberto Varvaro.La “giovanissima Baronessa”, aveva 34 anni e da ben 16 anni intratteneva una relazione stabile e ufficiale con il cugino del marito, Ludovico Vernagallo, da cui aveva avuto ben 8f igli. Che i figli fossero dell’amante sarebbe confermato dal fatto che il marito, Vincenzo La Grua era sterile e, dopo il fattaccio, disconosce i figli. Il “vedovo inconsolabile” convolò a nuove nozze il 4 maggio 1565, con Ninfa Ruiz rinnovando alcune stanze del suo castello. Sulla porta della stanza della precedente moglie fece incidere la seguente frase «Et nova sint omnia». E tutto sia nuovo. L’unica cosa che non riuscì a cancellare fu l’impronta insanguinata che la baronessa, appoggiandos ial muro,lasciò con lamano. Secondo la leggenda, ogni anno, il 4 dicembre, l’impronta diventava visibile.
UN INTRIGO DI CESARE LANZA, DELITTO IN APPARENZA PERFETTO
Perché allora furono uccisi la baronessa e il suo amante? Secondo lo storico Calogero Pinnavaia, non di delitto d’onore si trattò ma di un assassinio per ragioni economiche. Dovendo del denaro al povero Vernagallo, don Cesare Lanza non trovò di meglio, per “estinguere” il debito,di ammazzare il suo creditore. E la figlia? L’eliminazione dell’adultera serviva a occultare la vera ragione del delitto. E chi uccise realmente la Baronessa? Il marito della baronessa, don Vincenzo La Grua aveva interesse a ad eliminare il rivale perché, secondo la Lex Iulia, avrebbe avuto diritto a metà del patrimonio dell’amante. Quanto al padre, Cesare Lanza, uccidendo la figlia, per motivi d’onore, avrebbe potuto riavere indietro la dote. La “verità ufficiale” si trova custodita nell’archivio della Chiesa madre di Carini in una lettera – confessione, scritta dallo stesso padre della vittima al re di Spagna Filippo II «Sacra Catholica Real Maestà, don Cesare Lanza, conte di Mussomeli, fa intendere a Vostra Maestà come essendo andato al castello di Carini a videre la Baronessa di Carini, sua figlia, come era suo costume, trovò il barone diCarini, suo genero, molto alterato perchè avia trovato in mismo istante nella sua camera Ludovico Vernagallo suo innamorato con la detta baronessa, onde detto esponente mosso da iuxsto sdegno in compagnia di detto barone andorno e trovorno detti baronessa et suo amante nella ditta camera serrati insieme et cussì subito in quello stanti foro ambodoi ammazzati. Don Cesare Lanza». Una brutta storia da cui, moralmente, non si salva nessuno. Né i protagonisti, né la giustizia insabbiatrice. La verità non la conosceremo mai.