Wine Monitor, l’Osservatorio di Nomisma, che si occupa di monitorare e supportare le imprese e le istituzioni della filiera vitivinicola italiana ha osservato che sta continuando anche nel 2019 la riduzione dell’import di vino in Cina che già l’anno scorso aveva fatto segnare un -2% a valore a fronte di un -8% a volume.
Nei primi cinque mesi di quest’anno, il calo è ancora più significativo: -14% se misurato in euro, -18% nelle quantità. Ma la diminuzione non riguarda tutti i vini. Se risulta pesante per i francesi (-31,5% a valori), gli spagnoli (-16,9%) e gli italiani (-12,5%), lo stesso non può dirsi per australiani e cileni che all’opposto crescono rispettivamente del 4,8% e 8,4%.
A essere più colpiti sono i vini fermi imbottigliati, che rappresentano il 95% del totale dei vini francesi, diminuiti a circa il 34%. Mentre gli spumanti, come il famoso Champagne, sono cresciuti di oltre 24%.
“Il prezzo gioca un ruolo fondamentale negli acquisti dei vini da parte dei cinesi e gli accordi di libero scambio di cui godono australiani e cileni li favoriscono rispetto ai competitor, anche nei confronti dei più blasonati francesi che fino a qualche anno fa sembravano immuni da queste logiche concorrenziali”, dichiara Denis Pantini, Responsabile Nomisma Wine Monitor.
Per quanto riguarda i vini statunitensi, le vendite di vini USA sul mercato cinese rilevano un -54% rispetto all’anno scorso a causa della guerra commerciale combattuta da Trump con la Repubblica Popolare Cinese.
D’altra parte, un attore sottovalutato ma che ha deciso di investire pesantemente sul mercato cinese è l’Australia. Oggi infatti, il 40% dei ricavi derivanti dalle vendite oltre frontiera deriva proprio dal mercato cinese che ha registrato percentuali dieci volte più alte rispetto a dieci anni fa.
La riduzione che ha interessato l’import dei vini italiani sul mercato cinese non ha fortunatamente trovato analogie sugli altri principali mercati mondiali. Restando in tema di mercati terzi, l’import di vini dall’Italia e’ cresciuto – sempre a valore e nei primi cinque mesi del 2019 – di quasi il 10% in Giappone, del 2% in USA, Svizzera e Norvegia e dell’1% in Canada.Percentuali significative di incremento in Corea del Sud (+18%) e Brasile (+4%), anche se il “peso” di questi mercati e’ ancora marginale sulle nostre esportazioni complessive (meno dell’1%).