Non che in Italia le cose vadano meglio, basta dare un’occhiata alla cronaca recente: il 20 giugno scorso, cinque romeni sono stati arrestati ad Ancona con l’accusa di associazione a delinquere finalizzata alla truffa perché sospettati di aver manomesso decine di auto in tutto il Paese. Sette giorni prima nel Trevigiano il titolare di un autosalone era stato rinviato a giudizio per truffa e frode in commercio, dopo aver venduto almeno 25 autovetture irregolari.
Insomma una vera piaga che colpisce i consumatori, visto che il chilometraggio, dopo il prezzo, è il secondo fattore determinate per la scelta d’acquisto di un’auto usata. Nonché un problema di sicurezza stradale, considerato che i chilometri percorsi sono l’unico parametro direttamente proporzionale all’usura meccanica, quindi meno chilometri dichiarati, meno manutenzione effettuata, più pericolo d’incidente. Una giungla alla quale gli stati rispondono in maniera diversa. “La manomissione del contachilometri è una pratica vietata in 25 paesi UE, ma le sanzioni sono varie (dai due anni di carcere in Francia a una multa da 226 euro in Slovacchia). A Cipro, Lettonia e Portogallo, invece, non è considerata una pratica illegale, mentre solo in cinque Stati (Belgio, Ungheria, Olanda, Svezia e Uk) i consumatori possono accedere alle “informazioni sul chilometraggio pre-acquisto”, denuncia il rapporto.
A fare la fortuna di questo tipo di frode, l’impossibilità di individuarla, i bassi costi (basta un centinaio di euro per manomettere un tachimetro) e la mancata collaborazione delle case automobilistiche “che non installano adeguate protezioni di sicurezza agli odometri”, accusa la Ue. Un dato per tutti: solo in Italia, dove le frodi si stima generino un giro d’affari annuo da circa 2 miliardi di euro, ogni anno sono oltre 90 mila cause riguardanti la compravendita di auto e moto che ingolfano i tribunali. I più colpiti sono i mezzi provenienti dai noleggi a breve termine, reimmessi “alleggeriti” sul mercato, così come quelli dei leasing. Un discorso a parte, poi, meritano i furgoni, le principali vittime dei taroccatori. E fino a oggi sembrava che nulla potesse scalfire questa distorsione del mercato, nonostante molti siti consiglino di rivolgersi al Portale dell’Automobilista il quale, introducendo il modello del veicolo e targa, fornisce il chilometraggio del mezzo, registrato all’ultima revisione effettuata. Un buon metodo, ma non sicuro.
La svolta potrebbe arrivare invece da Diogene, la metodologia di analisi sviluppata dalla società svizzera FGMTECH in collaborazione con EVOLVEA, sebbene il brevetto sia italianissimo. Si tratta di un dispositivo che analizza i dati contenuti nelle centraline delle auto, alcune delle quali, impossibili da manomettere (le cosiddette “centraline salvadanaio”), mentre per taroccare quelle manipolabili, servono hardware da oltre 400 mila euro. “Le vetture più semplici, hanno tre fonti di dati”, spiega Marco Mauri, uno dei creatori di Diogene, “una jeep Renegade ha 15 parametri analizzabili, mentre abbiamo in commercio auto più complesse che hanno anche 25 centri dati”. La tecnologia disponibile da aprile 2019 analizza, per esempio, i chilometri mancanti di un filtro antiparticolato (il quale ha una scadenza, anche se pochi lo sanno), oppure quelli contenuti nel servosterzo elettrico City della Panda. Incrociando il tutto, l’algoritmo dà il chilometraggio reale del mezzo.
“Per adesso Diogene è disponibile solo per i brand e i modelli più attaccati dai truffatori”, spiega Mauri, ovvero quelli che a parità di età, si svalutano enormemente in base ai chilometri percorsi, soprattutto le marche tedesche e italiane (Opel e Ford si aggiungeranno a breve). Per esempio, una Bmw 320 diesel di 4 anni d’età, con 80 mila km, ha un valore commerciale di 21 mila euro. La stessa auto, con medesima immatricolazione, ma con 180 mila km, vale 15 mila euro.
E non è un caso se i primi a utilizzare la diagnostica Diogene sono stati, paradossalmente, i concessionari, cioè i principali sospettati delle frodi. E questo è anche dovuto a una pronuncia dell’Autorità Garante per la Concorrenza e il Mercato, che nel novembre 2010 multò l’autosalone Monzacar per 100 mila euro per aver venduto una Megane con chilometraggio ribassato. Pur escludendo che la manomissione fosse opera del concessionario, l’Agcm la ha condannato perché colpevole di omessa vigilanza.
Diogene – che dobbiamo dirlo chiaramente, non fornisce una certificazione, ma è un’analisi della situazione – è disponibile anche per i privati (100 euro + iva ad analisi) e presto lo sarà anche per i veicoli delle forze dell’ordine. “Il prossimo passo sarà fornire la storia digitale dell’auto, scaricheremo dai dati delle centraline la storia dei malfunzionamenti registrati, sempre in un’ottica di massima trasparenza”, promette Mauri.
Andrea Sparaciari, Business Insider Italia