Rapporto politica-comunicazione: il saggio di Vita sul modello Berlusconi e sui social media
VINCENZO MARIA VITA PUBBLICA UN “ROSSO DIGITALE” SUI MEDIA
(di Cesare Lanza per Il Quotidiano del Sud) Il giornalista Vincenzo Maria Vita (Salerno, 16 gennaio 1952) propone una lucida analisi sui mass media. Dall’invasione degli spot alla dittatura degli algoritmi, un rapporto dettagliata sul rapporto tra politica e comunicazione: dalla televisione sul modello Berlusconi ai social media delle campagne politiche e delle fake news attuali. Sono questi i temi esplorati nel suo nuovo saggio, Rosso digitale, che verrà presentato inanteprima alla Sala Zavattini dell’Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio e Democratico, oggi mercoledì 19 giugno alle ore 18. Il berlusconismo, da non intendere come semplice descrizione delle alterne fortune del Cavaliere di Arcore – è stato scritto – bensì come sintomo clamoroso del mutato rapporto tra rappresentanza e rappresentazione, è alla base di una ricerca che analizza il processo di globalizzazione mediatica come uno strumento non risolutivo nello sviluppo dei media”. Nel saggio viene anche messa a fuoco la figura di un ‘Politico’ in crisi, in quanto frutto della parabola discendente dei grandi partiti di massa, che si manifesta in modo esplicito con l’epifania della società dell’informazione. “Nell’Italia degli irrisolti conflitti di interesse – afferma Vita – vero riferimento della e nella sfera pubblica è la televisione generalista commerciale, in termini di frequenze, risorse economiche e costruzione del clima di opinione. Ma quali scenari si aprono per il futuro?”A questa domanda, seguendo l’iter del saggio pubblicato dal “manifestolibri”, tenteranno di rispondere insieme all’autore, in una conversazione aperta al pubblico, lo scrittore Gianrico Carofiglio, il giurista Nicola D’Angelo, il presidente della Federazione Nazionale Stampa Italiana Giuseppe Giulietti e la direttrice de “Il Manifesto” Norma Rangeri. (Ingresso libero fino ad esaurimento posti con prenotazione consigliata).
CORNACCHIONE RACCONTA LA SUA OLIVETTI, ANNI OTTANTA
Antonio Cornacchione (1959, Montefalcone nel Sannio, Campobasso) aveva lasciato il Molise da bambino con la famiglia, per vivere tra Pavia, Como e Milano. Al Teatro della Cooperativa di Milano, in questi giorni Cornacchione ha raccontato le vicende della Olivetti dalla fine degli anni Cinquanta: quando l’azienda aveva aperto un centro di ricerca d’avanguardia nel quartiere di Barbaricina a Pisa, fino al suo declino. Massimiliano Chiaravone l’ha intervistato su Il Giorno: «Dal 1980 al 1989 ho fatto il ragioniere all’Olivetti, ma non ce la facevo più. Non trovavo la ragione perandare a lavorare e loro non ne avevano una per pagarmi lo stipendio. Frequentavo le scuole serali di teatro. Poi ho lasciato il posto fisso per fare l’attore».
TITTI MARRONE, DA NAPOLI, SCRIVE LA DONNA CAPOVOLTA
Titti Marrone. Giornalista, napoletana, al Mattino dal 1980 al 2013, attualmente collaboratrice. “Mi sono occupata di teatro, storia delle idee, letteratura e politica, insegno dal 1996 all’università storia e tecniche del giornalismo, ho scritto vari libri tra cui: sul Sud (‘Riforma agraria e questione meridionale’, ed. De Donato), sul postcomunismo (‘Controluce’, con Gustaw Herling, ed. Pironti), sulle speranze di cambiamento all’epoca del primo mandato amministrativo di Bassolino a Napoli (‘Il sindaco’, ed. Rizzoli), sulla Shoah (‘Meglio non sapere’, ed. Laterza), dove si racconta la storia delle due più giovani italiane sopravvissute. Da Mondadori è uscito il romanzo ‘Il tessitore di vite’, una storia vera. Per i tipi della libreria “Iocisto”, la prima d’Italia adazionariato popolare, ho curato il libro di autori vari ‘Ho sete ancora’”. Dice ancora di sé: “Nel mio blog vorrei raccontare soprattutto il Sud e la mia città sovrapponendo una lente “da Napoli” a vicende anche nazionali e internazionali.Cercherò di evitare sia le solite “lacrime napulitane” sia gli stereotipi negativi, troppo spesso corollario e condanna di questa terra.” Alla libreria coop Zanichelli di Bologna, infine, Titti ha presentato il suo romanzo ‘La donna capovolta’, la storia del rapporto tra una donna e la badante moldava di sua madre. Silvana Mazzocchi in una intervista su la Repubblica: – È possibile l’integrazione. Quale il messaggio contenuto nel romanzo? “Credo che l’integrazione sia un processo lento, non solo in Italia ben lontano dall’essersi compiuto, che richiede sforzi maggiori anche sul piano culturale e su quello delle relazioni. Quello che ho cercato di raccontare è una specie di “scontro di civiltà”- sottotraccia ma molto diffuso – tra due donne in apparenza assai lontane”.