Cesare Lanza racconta al Quotidiano la scrittrice nell’ultimo appuntamento con “Giornalisti nella storia”
O la ami o la odi. Non era una donna da mezze misure Oriana Fallaci, protagonista dell’ultimo reading dedicato ai “Giornalisti nella storia”, promossi dalla Fondazione “Mario Dodaro”, dal Quotidiano del Sud e dall’Istituto Studi Storici. Giornalista e scrittrice – i suoi libri hanno venduto circa 20 milioni dicopie in tutto il mondo – osannata per la sua prosa, discussa per le sue posizioni estreme post 11 settembre e per il modo di intendere la professione. Da ragazzina aveva fatto la Resistenza, come staffetta, coinvolta dal padre che era un convinto antifascista. Da giornalista è stata la prima italiana al fronte, come inviata speciale. I reportage di guerra e le interviste ai grandi della storia sono probabilmente le prime due cose che si associano alla Fallaci giornalista. «Io non sono né un suo ammiratore né un simpatizzante» è l ‘esordio di Cesare Lanza, giornalista e autore televisivo, invitato a tracciare il profilo della scrittrice toscana. «Di certo, però, Oriana è un personaggio gigantesco. Il mio incontro con lei risale al ’75. All’epoca dirigevo “Il Corriere d’Informazione”, edizione pomeridiana del Corriere della Sera. Oriana non era ancora la dominatrice che poi sarebbe diventata, ma era già una firma importante – ricorda – Qualche anno prima era uscito il suo reportage sul Vietnam. Volevo ingaggiarla per il mio giornale, ma temevo l ‘incontro: entrambi avevamo due caratteracci. Durante il colloquio, però, tutti e due fummo attenti e compunti. Del lavoro, però, non se ne fece niente. Lei probabilmente aveva già altre ambizioni all’epoca, ma al Corriere della Sera c ‘era Piero Ottone alla direzione, che detestava il giornalismo “alla Fallaci “». Neppure Lanza lo apprezzava. «Oriana Fallaci è stata una grandissima scrittrice. Era straordinaria in questo, insuperabile. Ma il giornalismo è un’altra cosa. Sarà che io vengo dalla vecchia scuola, ma il suo approccio nelle interviste non l ho mai condiviso. Lei diceva “non sono un registratore “, per difendere il proprio diritto a inserire un giudizio o un commento nel corso dell’intervista o della scrittura. Ma essere rispettosi dell’interlocutore – continua Lanza – non significa essere un registratore. Le sue interviste ai grandi della storia sono godibilissime. Ma la protagonista è sempre lei. Molte cose le aggiungeva in fase di scrittura: ci sono testimoni cheraccontano versioni di quegli incontri diverse da quelle che emergono dalle interviste. Anche le cronache di guerra nascevano dalle confidenze dei fotografi che erano stati, loro sì, sul campo mentre lei, come quasi tutti gli inviati di guerra, restava in albergo. Loro raccontavano, lei trasformava quei racconti in reportage con la sua impareggiabile scrittura. Tanti hanno dato giudizi negativi su di lei. Penso a Tiziano Terzani o a Massimo Fini». Cristina Vercillo, caporedattore del “Quotidiano del Sud “, chiede se quei giudizi sprezzanti non siano stati il prezzo pagato dalla Fallaci perché donna in un universo maschile. «Me lo sono chiesto anche io -risponde Lanza -Ma in realtà le stroncature non venivano solo dagli uomini. Lei ebbe scontri furiosi con Camilla Cederna, quando lavorava all’Europeo. La Cederna la portò dal direttore, per intimarle di non usare mai più un avverbio in apertura di articolo. Oriana replicò che quello era il suo stile. E poi ci fu anche la rottura con Natalia Aspesi, che attaccò per la recensione negativa al suo “Lettera a un bambino mai nato “. Io tra Cederna e Fallaci scelgo Camilla, con l’eccezione però di alcune sue campagne come quella contro il presidente Leone. E tra Aspesi e Fallaci tutta la vita Natalia. Ripeto, il giornalismo di Oriana non mi piaceva, la faziosità non fa parte di questo mestiere. E le rimprovero anche di non aver fatto scuola, di non aver cresciuto e valorizzato giovani talenti. Ma come scrittrice era impareggiabile ed era una perfezionista. E c’è un’altra cosa di lei che ammiro: il legame con la sua città, Firenze, e la decisione di tornare qui, negli ultimi periodi della sua malattia. Mi piace la sua passione per Firenze, il legame con la sua fiorentinità».
Maria Francesca Fortunato, Il Quotidiano del Sud