Il dramma dell’instant book: non passerà alla storia
6 Giugno 2019
(di Tiziano Rapanà) “Dottore, il solito?”. E quando si è passati dal giovanotto al dottore? Non me ne sono accorto. Sì è vero, è un altro bar e non mi conoscono da quando ero piccoletto. Ma il passaggio che ha portato dal giovanotto al dottore non mi è chiaro. Se ho gradito? Sì e no. Avrei dovuto dire ni, ma il sì e no rende meglio l’idea di smarrimento tra il piacere di avere esatta la sensazione che ti sia riconosciuta una professionalità all’interno della tua comunità e il dispiacere che tu sia vicino all’età adulta più del previsto. Gli rispondo citando Pinketts: “Va bene il solito, purché non sia solido bensì liquido”. Pinketts alludeva all’alcol, io invece ad un caffè d’orzo. Se la bilancia fosse stata più clemente con me, stamattina, mi sarei concesso pure il “solido” (con la coda dell’occhio avevo adocchiato un cornetto alla crema parecchio invitante). Ho letto su Repubblica, un’interessante intervista al giornalista Micheal Wolff, noto per il suo pensiero critico sull’operato del presidente Usa, a firma dell’impeccabile Federico Rampini. Niente di nuovo sotto il sole, mi pare si dica così, con Wolff che rampogna Trump per mancanza di strategia e per un – a suo dire – tracollo di un’amministrazione votata all’assecondamento dei desideri del presidente. Niente di clamoroso, ma comunque interessante perché l’intervista rivela una lucidità di pensiero del giornalista non indifferente. Non è il solito settario, ha riservato anche delle buone parole per l’ideologo Steve Bannon. L’intervista verteva sul nuovo libro di Wolff, appena uscito. Si intitola Assedio. Fuoco su Trump ed è il sequel di Fuoco e furia, altro libro contro Trump (altrimenti che sequel sarebbe?), un super bestseller da 4 milioni di copie. È il solito instant book sulle questioni d’attualità, buono – anzi ottimo – per le vendite ma per la storia forse no. Non ho nulla contro i libri giornalistici che indagano sulla realtà, ma sono libri senza futuro. Non ho letto il nuovo lavoro di Wolff, non mi dispiacque il precedente che rivelava l’attraente vivacità letteraria dell’autore, ma era un libro ferocemente basato sull’attualità. E questo ti condanna a non passare alla storia della letteratura, perché il libro è pensato per ragionare sul presente politico e sociale. E questo vale anche per gli instant movie che si adoperano a fare lo stesso ragionamento. Un esempio per tutti, Aprile di Nanni Moretti. Il film ragionava sulla prima vittoria berlusconiana nel ’94, la conseguente vittoria del centrosinistra nel 96’, il conflitto di interessi… tutte questioni che oggi non interessano, perché fuori dal tempo. Era un film ben inserito all’interno della riflessione su quell’attualità e basta. In parole cosiddette povere, Aprile non lo ricorderà nessuno, perché non è cinema ma giornalismo audiovisivo. Mi spiego meglio con un ragionamento che accoppia l’instant movie e book. Per Aprile di Nanni Moretti vale la stessa considerazione che riservai al penultimo libro di Bruno Vespa. Tempo addietro, lessi il suo lavoro dedicato alla genesi del governo gialloverde, Rivoluzione. Non era male, dopotutto carino, il suo punto di forza era il roccioso equilibro. Il libro seppure valido non passerà – ahimè nemmeno questo – alla storia. Tutt’altro, tra qualche mese risulterà vecchio perché guarda troppo al resoconto cronachistico di quei giorni, alla ormai antica affinità tra Lega e 5 stelle. La cronaca invecchia ed esclude l’opera dall’ingresso nell’olimpo della gloria imperitura. E questa riflessione vale per Vespa, così come per Moretti e Wolff e per tutti coloro che si decidano ostinatamente di abbarbicarsi alla cronaca.