Lo sportivo cosentino sta conquistando il mondo gettandosi da picchi che fanno venire i brividi
IL TUFFATORE (DA GRANDI ALTEZZE) CHE STA TRIONFANDO NEL MONDO
(di Cesare Lanza per Il Quotidiano del Sud) Alessandro De Rose è nato a Cosenza, lamia città di origine, cinquant’anni dopo di me,il 2 luglio 1992 (età26 anni). In una schietta intervista a Riccardo Bruno, ha parlato così di sé: “Fiordo di Furore, Costiera Amalfitana, anno 2013. Era la prima volta che mi tuffavo da quelle altezze. Ero terrorizzato, mi dicevo: chi me lo ha fatto fare? Per tranquillizzarmi guardai un altro, fu ancora peggio. Scacciai i pensieri negativi e mi lanciai. È andata bene, mi dissi, non sono morto”. De Rose compirà 27 anni a luglio ed è l’unico atleta italiano dell’high diving, la specialità dei tuffi dalle grandi altezze. Una ristrettissima comunità di temerari che si dà appuntamento alla Red Bull Cliff Diving World Series, il campionato mondiale dove la piattaforma è a 27 metri, un palazzo di 10 piani. Alessandro è arrivato quarto nell’ultima tappa di Dublino, il 2 giugno giocherà in casa a Polignano dove nel 2017 ha vinto stupendo tutti. La determinazione è dote irrinunciabile in questo sport. Assieme alla preparazione ferrea e a una dose massiccia di coraggio. È nato a Cosenza, ma da sei anni vive a Trieste «per amore». Ha visto la prima volta Nicole a bordo vasca quando erano ancora bambini. Poi lui ha smesso per un po’e ha ripreso a 17 anni. «Mi esibivo dai venti metri negli showdello Zoomarine di Torvajanica, ad agosto anche 5 volte al giorno». Sorride: «Facevo la scimmietta del circo… pstata Nicole a spingermi verso le grandi altezze, a convincermi che ero bravo». È stata la sua allenatrice fino all’anno scorso, adesso ha smesso per completare l’università e arrotondare come cameriera. Anche Alessandro quest’inverno ha servito ai tavoli a pranzo e a cena. «Scelta necessaria, abbiamo deciso di sposarci a settembre e di comprare casa». Giornate piuttosto impegnative. «Sveglia alle 7, tre ore di allenamento al mattino, turno di mezzogiorno al ristorante, altre tre ore di piscina al pomeriggio, poi di nuovo al ristorante fino all’una di notte». Prima di staccare i piedi dal trampolino, Alessandro ha l’abitudine di baciare tre volte l’anello di fidanzamento. È l’unico rito a cui non vuole rinunciare. «Gli altri gesti li ho eliminati, ho capito che la scaramanzia non serve a nulla, i risultati si conquistano, non c’è nessuna forza superiore da invocare». Il momento più bello due anni fa a Polignano. «Quando sono entrato in acqua ho iniziato a gridare. Non sapevo di aver vinto, ma avevo capito di aver fatto un tuffo perfetto. Ero davvero felice, una liberazione dopo vent’anni». Alessandronon vuoleimmaginaretroppo come saràil propriofuturo, preferisce concentrarsi su quello che lo aspetta a breve. «Il circuito della Red Bull World Series, il matrimonio a settembre e la luna di miele. Io e Nicole non abbiamo mai fatto una vacanza assieme». Spera che l’high diving diventi una disciplina olimpica. E gli piacerebbe fare l’allenatore.
POMPEI, L’ULTIMA PAGNOTTA
A luglio, nella mostra ‘Ultima cena a Pompei’, vedremo anche il piatto di olive, due uova sode e una pagnotta che il disgraziato stava per mangiare nel 79 d.C prima di essere ricoperto dalla cenere.
IN RICORDO DI LEOGRANDE CHE DIFENDEVA GLI ULTIMI E GLI UMILI
Alessandro Leogrande (Taranto, 20 maggio 1977) è statoun importante scrittore e giornalista. Davanti al liceo scientifico Scacchi di Bari in questi giorni appaiono dei murales con citazioni tratte dal suolibro “LaFrontiera”. Leogrande è morto improvvisamente a Roma il 26 novembre 2017: il padre Stefano ne ha voluto ricordare il lavoro “in difesa degli ultimie dei ferocemente sfruttati nei più diversi contesti: nell’ambito del caporalato, degli immigrati, dei desaparecidos in Argentina, e ovunque ci sia stato un sopruso”. Nel 2018 la capitale dell’Albania, Tirana, gli ha intitolato una strada.