Sanzioni pecuniarie per i partiti che, in vista delle europee, utilizzano «in modo indebito» dati personali per profilare i cittadini e influenzare la campagna elettorale. Il Garante europeo della protezione dei dati Giovanni Buttarelli lancia l’allarme in vista delle europee: «Il caso Cambridge analitica è solo la punta dell’iceberg. Ormai le nostre conversazioni e le nostre foto sui social sono uno strumento per vendere i nostri profili alle forze politiche». Buttarelli va dritto al punto: «Siamo polli digitali, affidiamo parti intime della nostra identità ad algoritmi che agiscono in modo non trasparente».
Un fenomeno che aggredisce «l’integrità del processo democratico» e stravolge le regole delle campagne elettorale per come le abbiamo conosciute fino a una decina d’anni fa. Un attacco rispetto a cui «le istituzioni sono in ritardo nella reazione». L’Ue prova a difendersi con il regolamento pubblicato a fine marzo: con una procedura urgente si potranno sanzionare fino al 5% del bilancio annuale i partiti che utilizzeranno dati personali in modo scorretto. «Le sanzioni arrivano fino a escludere le forze politiche dai rimborsi elettorali e dai finanziamenti ai gruppi all’Europarlamento». Un’arma spuntata? «Non credo proprio», assicura il Garante che critica a più riprese Facebook e il suo Ceo Mark Zuckerberg. «In Europa ci si è occupati far pagare le tasse ai giganti del web, Forse ci si è occupati meno dell’incidenza, rispetto al concetto di sovranità, di un social network come quello, che ha più potere di 120 servizi segreti messi insieme». E se Zuckerberg propone nuove regole mondiali sulla privacy, Buttarelli replica: «Non servono nuove regole, non abbiamo bisogno di iniziare un percorso che ci lasci in un limbo per 10 anni.
Le regole ci sono, il regolamento europeo GDPR è stato emulato da 134 paesi nel mondo che hanno adottato un sistema normativo sulla protezione dei dati personali». Buttarelli definisce Facebook «sorvegliato speciale». Anche sulla diffusione delle fake news: «Dovrebbero impegnarsi di più: se Facebook avesse speso il 5% dell’importo che spende per profilare fino all’inverosimile, credo che il fenomeno dei profili falsi sarebbe più contenuto. Facebook ha detto che non è in grado di intervenire sulle fake news, è evidente che c’è un rischio di censura, ma si può investire per circoscrivere il fenomeno. E i social non possono limitarsi a dire ai loro utenti “noi funzioniamo così, prendere o lasciare”». Quanto ai partiti, «non servono solo le sanzioni, vanno anche stimolati a capire che un sistema bonificato dai falsi profili e dai condizionamenti impropri conviene a tutti». A proposito di fake news, Buttarelli giudica attendibile il rapporto di Agcom che segnalava un aumento del 56% in Italia. «Ma il tasso italiano rientra nella media europea», dice il Garante.