Il cowboy che non sapeva recitare amava sia gli uomini che le donne
Visconti non lo vedeva di buon occhio e combatté fino alla fine per non averlo nel cast del «Gattopardo» Sposato tre volte, fu sorpreso dall’Fbi a feste gay. Definì la Magnani la più grande attrice incontrata sul set
(di Cesare Lanza per LaVerità) Penso che poche donne – assistendo a Il Gattopardo – non abbiano sognato di essere al posto di Claudia Cardinale, tra le braccia di Burt Lancaster, nella famosissima sequenza del ballo. Lancaster è rimasto un personaggio leggendario, nel cinema, per quel film, e per un’altra scena indimenticabile, un bacio lungo e (all’epoca) scandaloso, in Da qui all’eternità. La leggenda tuttavia, come spesso succede, era ben diversa dalla realtà. Burt era bisessuale. E si può dire, eufemisticamente, che le sue qualità artistiche erano scarsine: per questo motivo il rapporto professionale con Luchino Visconti (nessuna intimità, nonostante le insinuazioni maliziose) fu tormentato, pieno di contrasti e incomprensioni. Il celebre regista inutilmente provò a evitare di utilizzarlo, per Il Gattopardo. Dalla critica, e nell’ambiente, Burt Lancaster non è mai stato considerato una star hollywoodiana di prima grandezza. Clark Gable diceva che, sì, era fascinoso e fisicamente prestante e attraente, ma solo se fosse stato anche capace di recitare avrebbe potuto aspirare a diventare il suo successore. Un limite, quello della recitazione, di cui lo stesso Lancaster era consapevole. E perciò suppliva alle carenze con l’impegno, umiltà e volontà. La sua proverbiale pazienza non fu sufficiente, nel rapporto con Visconti. Esplicita la testimonianza di Suso Cecchi d’Amico, la storica sceneggiatrice del regista: «Luchino ha combattuto fino alla fine contro Burt Lancaster e la produzione del Gattopardo. Non vedeva di buon occhio quel cowboy americano, abitualmente ingaggiato per interpretare il ruolo di pericolosi gangster. Per lui il Principe di Salina ideale era Laurence Olivier… ma dopo la malattia e le operazioni agli occhi di Olivier, il produttore Goffredo Lombardo e la Fox avevano optato per Lancaster senza avvertire Visconti. Il suo diniego nasceva anche da un impulso d’orgoglio: in un momento di stizza, si era sentito tradito. Luchino aveva un forte carattere e anche ragioni da vendere. Poi, per fortuna, con Lancaster diventò quasi amico. Burt era un modello di pazienza e di professionalità, si calò immediatamente nei panni del Gattopardo. Il suo modello? Lo stesso Luchino, emblema dell’aristocrazia più raffinata. Burt cominciò a imitare il suo incedere, il suo portamento. Non solo: per meglio compenetrarsi nel ruolo aveva preso in affitto la Villa dei principi Mazzarino, alti biondi e robusti. Di nobili in Sicilia, a quel tempo, ne erano rimasti pochissimi. Tutti emigrati al Nord… Non mancarono comunque le liti, sul set. Durante le riprese del valzer finale Burt, esausto e esasperato dalle decine di prove e in più con un ginocchio dolorante, chiese di fermare i ciak. Luchino non avrebbe voluto, poi ci ripensò. Fu la prima volta che lo vidi tornare indietro sui suoi passi».
Memorabile anche Da qui all’eternità. Si arrendono alla passione, Burt Lancaster e Deborah Kerr, e si abbracciano e baciano sulla spiaggia. L’eccitazione li rende incuranti perfino delle onde che li travolgono. Pur trattandosi di una drammatica storia di guerra, questa fu la scena più celebre del film. Una sequenza talmente avvincente da essere spesso citata in pubblicità, video e altri film (incluso Shrek 2). Eppure, quando il 5 agosto 1953 si svolse a NewYork la première del film di Fred Zinnemann, la censura si infuriò e chiese alla Columbia alcuni tagli, ritenendo troppo provocante la scena dei due interpreti abbracciati in costume da bagno. Una credibilità accresciuta dal fatto che Burt e Deborah avevano avuto nella vita una relazione adulterina, proprio come i personaggi del film. La pellicola iniziò a circolare in copie mutilate, tutti volevano un’immagine di quel bacio e i proiezionisti, fiutando l’affare, iniziarono a sforbiciare le bobine per poterne rivendere i singoli fotogrammi sottobanco. Altri retroscena interessanti riguardano l’omosessualità di Lancaster. Con lo zampino nientedimeno che dell’Fbi! Il Sunday Times rivelò che, secondo alcune carte segrete rese pubbliche dall’Fbi, Lancaster partecipò a un’orgia omosessuale assieme a Rock Hudson. Burt era considerato negli anni Cinquanta (l’epoca del maccartismo) un pericoloso soggetto liberal. Aveva costruito la sua fama interpretando i ruoli più virili a Hollywood, dall’acrobata di Trapezio al carcerato di La forza bruta e di L’uomo diAlcatraz, oltre ai numerosi western. E aveva avuto una moltitudine di donne e ben tre matrimoni. E però, sempre secondo l’Fbi, Lancaster conduceva una vita «molto dissoluta». Gli agenti segreti avevano espresso già, ovviamente, forti perplessità per la scena del famoso bacio sulla spiaggia giudicato «profondamente immorale». Preoccupata, l’organizzazione segreta decise di controllare l’attore per tutta la vita, sottolineando con sospetto persino la sua apparizione nella commedia anticapitalista Local Hero, nel 1983, nei panni di un magnate texano del petrolio. La vita privata di Burt era passata al setaccio dall’Fbi, che collezionò decine di rapporti su di lui tra gli anni Quaranta e gli anni Sessanta. La prima volta fu quando cominciò a sospettare della vita sessuale dell’ attore nel novembre del 1955: un informatore di New York riferì di aver visto Lancaster a una festa gay con un amico. Nel gennaio 1960 il rapporto più scottante: un’incursione della polizia a casa di un miliardario noto a Hollywood come omosessuale, che aveva organizzato un’orgia cui parteciparono 250 marine. Tra gli ospiti, tutti registrati e fotografati, Rock Hudson e Burt Lancaster. Ma le voci e i pettegolezzi sulle abitudini gay di Lancaster sono apparse sulla stampa solo dopo la sua morte, nel 1994. Lancaster si era sposato varie volte, con tre divorzi: prima con la ginnasta del circo June Ernst, poi con Norma Anderson (cinque figli) conosciuta durante il servizio in guerra; con la sua segretaria, Susie Scherer e in ultimo con Susan Martin, rappresentante del Partito democratico. Tra i matrimoni, varie relazioni 0 fugaci flirt con Marlene Dietrich, Deborah Kerr, Shelley Winters, Gina Lollobrigida, Yvonne De Carlo, Katy Jurado, con la modella Cynthia Myers, con la truccatrice Jackie Bone e, seppur senza conferme, anche con Marion Brando.
Ecco cosa hanno detto di lui. Marion Brando: «Un trapezista da circo». Robert Altman: «Dotato non solo di grande talento interpretativo, ma anche di notevole intelligenza. Sul set riusciva ad anticipare, da solo, qualsiasi direttiva del regista, lasciandoci il più delle volte, a bocca aperta». Claudia Cardinale: «Era un uomo straordinariamente chiuso e riservato. Era bello come un eroe dell’antica Grecia, e curava quasi maniacalmente la sua perfezione fisica. Non meno di quanto curasse la sua professionalità: è da lui che ho imparato il valore della serietà sul lavoro. Con me è stato estremamente gentile, amichevole. Mi ha lasciato il ricordo di quel corpo meraviglioso, così ingiustamente insultato dalla malattia». La figlia Joanna in un’intervista: «Dello star system pensava che era assurdo, ma lo accettava. Da piccolo era un fan di Douglas Fairbanks, Lon Chaney e James Cagney. Non gli importava della celebrità o dei party, manteneva la privacy, si ribellava al controllo degli studios. Fondò una società di produzione per girare film come Piombo rovente, che lo interessavano». «In Italia ha incontrato mia madre e le ha fatto la dichiarazione. Considerava Visconti un maestro. Era intimorito dalla Magnani, diceva che era la più grande attrice con cui avesse mai lavorato». «Non aveva paura di niente, o così mi sembrava. Ma temeva che la gente dimenticasse i suoi film o che non fossero abbastanza buoni. Voleva che fossero la sua eredità». E Lancaster ha detto, di sé e degli altri: «La prima scena che ho girato con Montgomery Clift, fu la prima volta, l’unica in tutta la mia carriera, in cui non riuscivo a far smettere di tremare le ginocchia. Aveva così tanto carisma, così tanta concentrazione. E Clift era un uomo complicato». «Prima di poter vendere qualcosa devi saper vendere te stesso.» «Odio guardarmi indietro, ma il passato torna alla ribalta». «Il circo è come una madre in cui avere fiducia che elargisce ricompense e punizioni». «Elimina la sensazione di fame dalla pancia e non sarai più il migliore.» «Mi interessa comparire in film che io stesso andrei al cinema a vedere».
Era nato il 2 novembre 1913 a New York, morì il 20 ottobre 1994, a Century City, in California, per un attacco al cuore, dopo essere stato colpito quattro anni prima da un ictus. Suo padre era un impiegato delle poste a Est Harlem, un quartiere residenziale che poco a poco diventò un ghetto. Era il quarto di cinque figli e venne conquistato dal mondo del cinema dopo aver visto e rivisto per un giorno intero il film Il segno di Zorro, interpretato da Douglas Fairbanks. Diventa acrobata e si esibisce nel Kay brother circus. Nel 1941 si sloga un polso ed è costretto a cambiare mestiere. Trova lavoro prima come commesso ai grandi magazzini, poi come addetto all’interno di una fabbrica di refrigeratori e infine nella biglietteria di una serie di concerti. Chiamato alle armi nella Seconda guerra mondiale, viene destinato ai servizi speciali e recita in una rivista. Che fa il giro delle truppe. Dopo aver sfondato nel cinema, divenuto ricco e famoso, fa anche il produttore e realizza, tra l’altro, Marty, che nel 1955 vince l’Oscar come miglior film. Un incontro fortuito in ascensore, nell’estate del 1945, determinò il futuro della sua carriera artistica. Burt è in visita alla sua futura seconda moglie Norma, segretaria di un famoso produttore radiofonico. Mentre è in ascensore, l’attore è osservato e poi avvicinato da un famoso agente teatrale che, credendolo un attore professionista, lo vuole subito scritturare per il ruolo di un sergente dell’esercito americano nello spettacolo di Broadway, Soul of Hunting. È la sua grande occasione: il cinema si accorge presto di lui e lo ingaggia per alcuni classici gangster movies. Politicamente, era democratico e di idee liberali: si è spesso esposto in prima persona nel difendere gli emarginati. Nel 1947, durante la caccia alle streghe, scrive una lettera aperta ai mass-media contro l’arroganza degli inquisitori. Nel 1980, assieme a Gregory Peck, James Stewart e Orson Welles promuove una campagna pubblica contro le case cinematografiche intente a «colorizzare» le vecchie pellicole in bianco e nero. Gli studios sono costretti a fermarsi. In questa maniera, gran parte di film classici furono salvati dal massacro.