Sembra un circolo vizioso difficile da rompere. Abbiamo bisogno di spostarci velocemente da un paese all’altro, per motivi di studio, di lavoro o semplicemente per vacanza. E man mano che i voli diventano più economici e accessibili, le emissioni di Co2 crescono e soffocano il pianeta. È l’altra faccia della medaglia delle svariate offerte low cost delle compagnie aeree: l’inquinamento atmosferico causato dai velivoli che solcano i cieli europei è cresciuto del 26,3 per cento in cinque anni, superando i valori toccati da qualsiasi altro settore dei trasporti.
Un primato negativo che posiziona Ryanair in cima alla classifica delle società più inquinanti nel vecchio continente. La compagnia con sede a Dublino è nella top ten dei principali produttori di emissioni di diossido di carbonio: le altre nove sono tutte aziende che gestiscono centrali a carbone. A rivelarlo è un rapporto del gruppo di ricerca Transport & Environment, che ha analizzato i dati relativi alle emissioni del 2018 dell’Ue: così ha scoperto che la Co2 prodotta da Ryanair è aumentata del 6,9 per cento l’anno scorso.
Nel complesso, l’inquinamento determinato dai viaggi aerei è cresciuto del 4,9 per cento nell’ultimo anno. Un trend negativo se confrontato con quello originato dagli altri settori (-3,9 per cento) che fanno parte del sistema di scambio Ets dell’Unione europea, che fissa un tetto alla quantità di alcuni gas serra che possono essere prodotte e consente alle imprese di ricevere, acquistare o scambiare quote di emissioni.
Secondo Andrew Murphy, esperto del T&E, Ryanair può essere considerato il “nuovo carbone” quando si parla di clima. Gli effetti dannosi per l’ambiente devono essere contrastati attraverso una maggiore regolamentazione, spiega Murphy: “Bisogna cominciare tassando il cherosene e introducendo alcune misure che costringano le compagnie a passare ad altri tipi di carburanti meno inquinanti”.
Come si legge nel report dell’organizzazione, la mobilità aerea è la modalità di trasporto meno tassata. In particolare, gli autori criticano le quote di emissione assegnate gratuitamente a favore degli operatori e contestato il fatto che non siano soggetti all’imposta sul valore aggiunto per i loro biglietti, “come avviene negli altri settori di trasporto”. E infine auspicano il passaggio al carburante sintetico prodotto anche da fonti di energia rinnovabili.
L’organizzazione internazionale dell’aviazione civile (Icao) ha provato recentemente ad affrontare il problema definendo delle linee guida che le compagnie aeree sono chiamate a seguire per bilanciare le emissioni inquinanti: alcune misure riguardano gli investimenti in tecnologie meno dannose per l’ambiente e i piani per piantare nuovi alberi. Tuttavia i critici sostengono che queste iniziative non bastano e spesso non funzionano.
Secondo i dati dell’Unione europea, le emissioni dirette derivanti dal settore dell’aviazione civile sono pari al 3 per cento del totale nell’Ue e al 2 per cento di quelle globali. In altre parole, un volo da Londra a New York e ritorno genera quasi lo stesso livello di Co2 di quello prodotto dal cittadino medio comunitario quando riscalda la sua casa per un anno interno.
Entro il 2020, le emissioni globali dovute al traffico aereo dovrebbero essere più alte del 70 per cento di quelle registrate nel 2005 e la previsione dell’Icao è di un’ulteriore crescita del 300-700 per cento entro il 2050.
Marco Cimminella, Business Insider Italia