I timori di un forte rallentamento economico sono tornati a far capolino nella mente degli investitori sul finire della scorsa settimana, quando – dagli Usa alla Germania – si sono diffusi numeri macro fortemente negativi. La settimana dei mercati finanziari ricominica da dove aveva finito: la spinta del 2019 che aveva portato i listini globali ai massimi da cinque mesi sta mostrando sempre più scricchiolii. Timori alimentati anche dal vedere una pericolosa inversione nella curva dei rendimenti dei titoli di Stato americani: per la prima volta dal 2007, venerdì scorso quelli a tre mesi rendevano più di quelli a 10 anni. Un sintomo del fatto che sui mercati si sconti una recessione nel medio periodo. Anche l’inversione di rotta delle Banche centrali, che hanno abbandonato il loro percorso di normalizzazione della politica monetaria per rimettersi in posizione accomodante, non ha dato quel sollievo atteso ma è stata piuttosto interpretata come un ulteriore campanello d’allarme sui fondamentali economici.
I future sui listini europei e su Wall Street sono negativi, dopo le forti vendite registrate in Asia. Questa mattina, la Borsa di Tokyo ha lasciato sul parterre il 3,01 per cento. Il Nikkei ha così registrato il maggior calo giornaliero dallo scorso dicembre, a fronte di uno yen – bene rifugio per eccellenza con l’oro – in rafforzamento sul dollaro poco sotto quota 110. L’euro apre stabile sul biglietto verde: la moneta europea passa di mano a a 1,1301 dollari e a 124,22 yen. Dollaro invariato ma debole sullo yen a 109,92. Male anche gli altri listini asiatici, con Shanghai in calo dell’1% circa e Hong Kong dell’1,8 per cento.
Lo spread tra Btp e Bund tedeschi è in allargamento a 250 punti base. Il decennale italiano rende il 2,49% e questo significa che l’omologo Bund tedesco si conferma sottozero, livello visto venerdì scorso per la prima volta ma che mancava dal 2016. L’agenda macroeconomica europea si concentra sull’indice Ifo tedesco, che sintetizza la fiducia degli imprenditori: un dato molto atteso dopo che le aspettative nel comparto manifatturiero – misurate dall’indice Pmi – si sono rivelate la scorsa settimana peggiori delle attese e ai minimi dal 2012.
Tra le materie prime, i prezzi del petrolio sono in calo, dopo i recenti guadagni legati ai tagli della produzione del cartello dei Paesi produttori. Sui mercati asiatici i future sul Light crude Wti cedono di 52 cent a 58,52 dollari e quelli sul Brent arretrano di 42 cent a 66,61 dollari al barile. Come si è visto per lo yen, i timori di rallentamento economico rafforzano l’oro: il metallo con consegna immediata sale così dello 0,2% a 1.316 dollari l’oncia.
Raffaele Ricciardi, Repubblica.it