“I diamanti sono i migliori amici di una donna”, cantava Marilyn Monroe. In realtà, dietro ai diamanti si possono celare vere e proprie truffe milionarie, come quella appena emersa dall’indagine della Procura di Milano. Deve averlo scoperto amaramente Vasco Rossi, che aveva investito in diamanti la bellezza di 2,5 milioni di euro e che figura tra i vip rimasti coinvolti nella truffa. Insieme con il rocker di Zocca ci sono anche la presentatrice Federica Panicucci, l’imprenditrice Diana Bracco e la showgirl Simona Tagli. Panicucci e Tagli, in particolare, avrebbero investito in diamanti rispettivamente circa 30 e 50 mila euro.
Secondo i pm milanesi che hanno condotto l’indagine, questi diamanti per investimento erano venduti a prezzi gonfiati rispetto al valore reale, con false quotazioni pubblicizzate sui giornali e con l’intermediazione anche di istituti di credito. Non è un caso che l’indagine della Procura abbia condotto, il 19 febbraio, il Nucleo di polizia economico finanziaria della Gdf milanese a eseguire un sequestro preventivo da oltre 700 milioni di euro, anche carico di cinque banche indagate, Banco Bpm e la propria controllata Banca Aletti, Unicredit, Intesa Sanpaolo e Mps.
Il provvedimento è stato eseguito a carico di sette persone e di sette enti indagati per la legge sulla responsabilità amministrativa, vale a dire le cinque banche e le due società di diamanti per investimento, la Intermarket Diamond Business spa (Idb) e Diamond Private Investment spa (Dpi), per le ipotesi di reato di truffa aggravata e autoriciclaggio. Nell’inchiesta viene contestato anche il reato di corruzione tra privati. Più nel dettaglio, con l’ipotesi di truffa, 149 milioni sarebbero stati sequestrati a Idb, 165 milioni a Dpi, 83,8 milioni a carico Banco Bpm e Banca Aletti, 32 a Unicredit, 11 a Intesa e 35,5 a Monte dei Paschi. Per l’ipotesi di autoriciclaggio il sequestro sarebbe invece ammontato a 179 milioni per Idb e 88 milioni per Dpi.
Già nel 2017 l’Autorità garante per la concorrenza e per il mercato aveva sanzionato per un totale di 12,3 milioni banche e intermediari che proponevano ai clienti le pietre preziose con “prospettazione omissiva e ingannevole”. In particolare, l’Antitrust aveva contestato le comunicazioni relative al prezzo di vendita dei diamanti, lo stesso che ora è finito nel mirino della Procura milanese, ma anche all’andamento del mercato e all’aspettativa di apprezzamento del valore futuro dei beni, oltre che alla facile liquidabilità e rivendibilità. L’Agcm aveva poi espresso dubbi sulle condizioni stabilite per il recesso dall’investimento.
La Idb, già balzata agli onori delle cronache lo scorso maggio per la morte misteriosa del suo numero uno Claudio Giacobazzi (per il quale gli inquirenti non hanno escluso l’ipotesi di suicidio), è stata dichiarata fallita dal Tribunale di Milano all’inizio del 2019. Mentre sul sito internet della Diamond Private Investment si legge:
“Quando nel 2005 nasceva la Diamond Private Investment un sogno guidava il progetto: portare l’investimento in diamanti a tutto il sistema bancario e di conseguenza a tutti i clienti. Con il tempo il sogno è divenuto un obiettivo, oggi realtà: oltre 10.000 sportelli bancari convenzionati in Italia, più di 30.000 clienti negli ultimi anni e una rete commerciale di circa 100 funzionari. Questi sono i numeri dell’impegno, della costanza e della forza di una grande famiglia che grazie a passione, entusiasmo ed ambizione è divenuta una grande azienda”.
In attesa che dall’indagine emerga in maniera incontrovertibile se l’investimento in diamanti sia stato o meno truffaldino, le banche coinvolte, in ordine sparso, stanno mettendo le mani avanti, con rimborsi ai clienti e/o accantonamenti di denaro a bilancio in vista di contenziosi. “Noi ci siamo difesi davanti all’Antitrust – ha dichiarato il presidente di Mps, Stefania Bariatti – e siamo stati sanzionati e non abbiamo impugnato la decisione dell’autorità. Adesso stiamo leggendo le carte, siamo già partiti da mesi con il rimborso anche se forse la stampa non se n’è accorta e nemmeno qualche associazione di consumatori, rimborsando al 100% i consumatori”.
Equita sim, invece, nel report quotidiano del 20 febbraio, rivela: “A quanto ci risulta Banco Bpm ha già accantonato circa 150 milioni nel quarto trimestre per risarcimenti ai clienti coinvolti nella vicenda”. C’è da immaginare che si siano mosse o stiano muovendo nella stessa direzione anche gli altri istituti di credito coinvolti, ossia Unicredit, Intesa e Mps.
Business Insider