LE DISTANZE
Una presa di posizione che non è piaciuta al governatore del Veneto, Luca Zaia. «Sono rimasto basito», ha detto il governatore commentando il poster dei medici pugliesi, «perché si sta raccontando una grande menzogna. Vedo», ha proseguito, «che il ministro Grillo condivide questa linea. Mi limito ad alcune semplici constatazioni. In Veneto», ha osservato Zaia, «c’è un servizio sanitario pubblico in virtù del quale chi è malato viene curato e assistito bene. E non soltanto se è veneto: qui si curano bene tutti. Voi trovate normale che una regione veda i propri cittadini andare a curarsi al Nord e da Sud si accusi il Nord che li sta curando? Non sarebbe bene guardare un po’ di più all’interno della proprie strutture sanitarie?». La tensione tra Lega e Cinque Stelle, soprattutto tra quelli eletti a Sud (che sono la maggioranza) si taglia ormai con il coltello. I grillini hanno chiesto che il testi delle intese siano modificabili dal parlamento. E ieri a sostegno di questa tesi si sono schierati diversi giuristi a valle di un incontro sul tema che si è svolto in Parlamento. Il costituzionalista Massimo Villone ha detto che «il processo nasce male e finisce peggio», dato «il silenzio che ha accompagnato tutta la trattativa» tra il governo e le tre Regioni. «Nulla è stato discusso – ha aggiunto – e ora si vuole che nemmeno il Parlamento discuta». Per Villone i due presidenti di Camera e Senato «hanno in mano tutte le decisioni» sull’iter parlamentare che deve prevedere «la piena emendabilità» delle intese, in base all’articolo 72 della Costituzione e dei Regolamenti parlamentari.
L’AVVERTIMENTO
Se non si procederà in questo modo «ogni singolo parlamentare può sollevare conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato davanti alla Corte» come ha indicato l’ordinanza della Consulta a proposito del ricorso del Pd sulla legge di bilancio, la numero 17 del 2019. Il campanello d’allarme è stato suonato anche da Gianfranco Viesti. «Esprimo forte preoccupazione», ha detto il professore, «perché in Europa, oggi, con l’ Autonomia si sa come si comincia, ma non come finisca»; l’esempio è la Catalogna, la cui Autonomia «ha provocato lacerazioni profonde, in risposta delle quali abbiamo oggi il partito neo-franchista che veleggia al 10%». Alla possibilità che il Parlamento possa intervenire ieri ha aperto anche il leader della Lega Matteo Salvini. Sulle autonomie, ha detto il vice premier, «la strada maestra è la Costituzione, noi stiamo applicando quanto previsto dalla Costituzione: non c’è un’idea della Lega, è la Costituzione che prevede che le Regioni possano chiedere fino a 23 competenze. Alla domanda se la proposta potrà essere modificata, Salvini ha risposto che «il Parlamento è sovrano: c’è proposta del governo», ha detto, «su cui il Parlamento potrà dire la sua, poi si discuterà con le Regioni. Poi l’accordo viene o bocciato o ratificato». Un primo cambio di rotta del Carroccio su un tema che rischia di frenare la corsa della Lega al Sud.
Andrea Bassi, Ilmessaggero.it