L’unico dei “cinque occhi” (l’alleanza UKUSA per l’intelligence) a non aver ancora preso una posizione legislativa chiara è la Gran Bretagna (ma intanto l’Università di Oxford ha rifiutato i fondi di ricerca che riceveva da Huawei). Il Canada, quinto occhio della coalizione, non ha bandito ancora l’azienda dagli appalti ma a metà dicembre, su pressione degli Stati Uniti, ha arrestato Sabrina Meng, direttrice finanziaria di Huawei e figlia del fondatore Ren Zhengfei. L’accusa è di aver esportato tecnologia USA in paesi sottoposti a embargo, in particolare l’Iran.
Abbiamo incontrato Richard Yu a Pechino, a margine di una conferenza stampa con cui Huawei ha illustrato la sua strategia integrata per il futuro del 5G.
La sua azienda vuole diventare prima al mondo nel mercato smartphone entro quest’anno. Come farete senza gli Usa?
Non esistono solo gli Stati Uniti: il resto del mondo è molto grande. Diventeremo primi anche senza i mercati che ci escludono per ragioni politiche. Ci riusciremo quest’anno, o al più tardi all’inizio del 2020.
Però anche altri paesi stanno pensando di rivedere i loro rapporti con Huawei.
Fuori dagli USA gli operatori e i consumatori vogliono prodotti Huawei, perché sono i più avanzati e affidabili. Sono fiducioso che riusciremo a superare questa crisi politica grazie alla nostra evidente superiorità tecnologica. Escludere Huawei significa rallentare il futuro del 5G, che cambierà le nostre vite molto più del passaggio al 3G o al 4G per le implicazioni nell’ambito della guida autonoma e delle smart city.
La Germania in passato vi aveva difeso dalle accuse degli USA, ma ora valuta la possibilità di estromettere Huawei dalle gare per il 5G.
Le rivelazioni di Snowden hanno dimostrato che gli Stati Uniti intercettavano il cellulare di Angela Merkel, non la Cina. Non esiste una singola prova dello spionaggio di cui veniamo accusati. Come ha detto Ren Zhengfei, il nostro fondatore, il nostro obiettivo è fare il possibile per proteggere la privacy e la sicurezza dei nostri clienti.
Pochi giorni fa Ren Zhengfei ha anche detto che per Huawei si preparano tempi duri e non ha escluso la possibilità di licenziamenti.
Il clima internazionale non è favorevole, ma sono problemi di natura politica. Gli USA fanno molto rumore, ma non ci sono fatti: sono solo fake news. Dal punto di vista tecnologico Huawei continuerà a crescere. Per il futuro siamo ben posizionati e la nostra reputazione in materia di privacy e sicurezza dei dati è indiscutibile.
Huawei però è un’azienda cinese: come tale non avete l’obbligo di condividere informazioni con il governo di Pechino? (Per rispondere Yu passa dall’inglese al cinese e si affida alla traduttrice, nda).
Siamo un’azienda globale con sede in Cina, certo, ma con partner e centri ricerca in decine di paesi, compresi gli Stati Uniti. In 30 anni il governo non ci ha mai chiesto di fornire informazioni private sui nostri clienti. Vi posso assicurare che i nostri prodotti e la nostra azienda non sono affiliati ad alcuna ideologia.
Andrea Nepori, La Stampa