Riescono a fare tutto, anche piegare le magliette e metterle nelle scatole. Era la parte più difficile del lavoro. Ora l’ostacolo alla piena integrazione è stato superato. I robot impiegati in Giappone da Uniqlo, il marchio della grande distribuzione di abbigliamento (in Italia ha da poco aperto a Milano in piazza Cordusio, nel mega stabile ristrutturato da Hines), sono il 90% del personale nel magazzino di stoccaggio a Tokyo, scrive il Financial Times che dedica alla notizia del terzo retailer mondiale la prima pagina della vigilia di Natale. Hanno rimpiazzato le persone in carne e ossa. C’era un solo problema: piegare le magliette e riporle, appunto. Risolto con l’aiuto di «una startup giapponese chiamata Mujin — racconta Kana Inagaki da Tokyo sul quotidiano finanziario — un robot con due braccia riesce a raccogliere le T-shirt e collocarle ben piegate nelle scatole».
Il problema del tessuto morbido
La difficoltà è in due movimenti, sollevare e piegare un tessuto, quindi materia morbida. Senza contare i continui cambiamenti stagionali che costringono a «ritararsi» su stoffe e formati diversi. «Anche i più ardenti sostenitori dell’automazione come Amazon ancora dipendono dai “piegatori” umani», scrive l’Ft. Che racconta anche la storia di questa Mujin. Nata nel 2011, sviluppa il movimento dei robot e sistemi per videocamere tridimensionali ed è riuscita nella missione impossibile: le macchine non devono essere continuamente riprogrammate, basta che un essere umano le imposti con i loro sistemi di controllo perché vedano gli oggetti e si muovano autonomamente. Per Fast Retailing, la società fondata dal miliardario Tadashi Yanai che controlla Uniqlo e vende 1,3 miliardi di capi di abbigliamento all’anno, «la necessità di automazione è urgente, visti i flussi di uscita dei lavoratori dalle fabbriche in un Giappone che invecchia e i crescenti costi diu stoccaggio». E già la robotizzazione era iniziata tre anni fa con un automa nell’Uniqlo di Parigi a Saint-Germain-des Prés. Accoglieva i clienti ed era uno solo, però. Ora la situazione è diversa.
I licenziamenti
Un dirigente di Fast Retailing, interpellato dalla giornalista del Financial Times, lamenta la «difficoltà di assumere, maggiore di quanto si pensi» e sottolinea la «necessità di procedere in prima linea con tentativi di prova ed errore perché solo le aziende che aggiornano il proprio modello di business possono sopravvivere». Per fortuna (delle persone in carne e ossa che lavorano ancora) il robot in questione non riesce a piegare proprio tutti i prodotti. Le cinture, per esempio: hai un bell’arrotolarle, quando si mettono nella scatola si srotolano. E le buste di plastica per la biancheria intima: quelle i robot le afferrano, ma sarà più complicato con gli imballi in carta ecologici. E comunque il manager prova a rassicurare: «Nei magazzini i lavoratori non ci sono, nessun rischio che vengano rubati posti di lavoro qui». Già. Intanto esercitiamoci a piegare le magliette anche all’impiedi. Non si sa mai.
Alessandra Puato, Corrier.eit