Salvatores con “Tutto il mio folle amore” e “Gli Angeli del Sud” conquistano le sale
GABRIELE SALVATORES, NEL FILM IL RAPPORTO TRA PADRE E FIGLIO
(di Cesare Lanza per Il Quotidiano del Sud) All’Anteo, Palazzo del Cinema di Milano, proiezione speciale ieri sera di “Tutto il mio folle amore” di Gabriele Salvatores (Napoli, 30 luglio 1950), seguita da un incontro col regista. Maurizio Porro ha scritto sul Corriere della Sera: «Traslato, reale, metaforico, simbolizzato, il rapporto di padre-figlio è al centro del secondo tempo della carriera di Gabriele Salvatores. Che continua nel road movie verso il Nord, dopo aver esplorato il Sud, e ha scelto per “Tutto il mio folle amore” il soggetto di un romanzo di Ervas. Nel folklorico deserto balcanico, tra Slovenia e Croazia, si consuma il tardivo,
imbarazzato incontro tra il “Modugno della Dalmazia”, un Claudio Santamaria dalla vita sbrindellata e in grandissima forma, col figlio mai conosciuto, un ragazzo autistico di 16 anni, cresciuto con mamma Golino e il patrigno Abatantuono.
“TUTTO IL MIO FOLLE AMORE” CON GRAZIA, PUDORE E MISURA
Il miracolo del racconto si palesa e consuma nella parte centrale, quando padre e figlio, extraterrestri uno per l’altro, decidono di entrare nelle rispettive coscienze. Dopo due ragazzi invisibili, Salvatores ne mostra uno molto visibile, ma lo fa con grazia, pudore e misura, aiutato dal giovane Giulio Pranno, che, se c’è giustizia nel cinema, dovrebbe restare
a lungo con noi, perché è fantastico anche nel porsi quasi come doppio, l’ombra sbieca di un padre così sbalestrato. E, se prefazione ed epilogo devono spiegare perché e per come, il girovago senso del film in viaggio, col lento avvicinamento, per entrambi patologico, è certo ben riuscito: anche per il triste fascino visivo dei panorami umani e geografici. E ci sono le nuvole, come nell’episodio di Pasolini con la canzone di Domenico Modugno (Polignano a mare, 3 gennaio 1028 – Lampedusa, 6 agosto 1994) e quel verso da cui il titolo: e oggi come allora non si sa cosa sono e dove andranno».
GLI ANGELI DEL SUD RACCONTATI DA BENNATO E COLELLA
Da ieri nelle sale “Angeli del Sud” di Bruno Colella (Napoli, 4 settembre 1955). Recensione de La Repubblica: «Il musicista Eugenio Bennato e il regista Bruno Colella, legati da solida amicizia, sono stati entrambi
invitati da Mimmo Epifani a ritirare un premio che lo straordinario mandolinista organizza in un piccolo paesino del Lazio, abbastanza scomodo da raggiungere». “Epifani Barbers” è un gruppo di pizzica e musica tradizionale salentina di San Vito dei Normanni, in provincia di Brindisi. Il leader del gruppo è Mimmo Epifani, considerato dalla critica uno tra i migliori musicisti di musica etnica a livello internazionale. Notevoli sono le innovazioni tecniche di improvvisazione applicate al mandolino, nonché per la tecnica tutta particolare di suonare la mandola con una modalità detta “alla barbiere”, chiamata così poiché insegnata in passato in un salone da barbiere proprio a San Vito dei Normanni dal Maestro Costantino Vita, barbiere e musicista, e dal Maestro Peppu D’Augusta, direttore di orchestrine locali, che suonavano la “pizzica-pizzica”, una danza terapeutica del Salento detta anche “Ballo di San Vito”. Il gruppo partecipa all’Orchestra Popolare la “Notte della taranta”. Eugenio Bennato è nato a Napoli il 16 marzo 1948 sotto il segno dei Pesci. Cresciuto con una grande passione per la musica, condivisa con i fratelli Edoardo e Giorgio, è stato tra i fondatori della Nuova Compagnia di Canto Popolare nel 1969. Più tardi, nel 1976, ha fondato anche i Musicanova insieme a Carlo D’Angiò. I due amici, sinceramente affezionati al musicista, accettano l’invito e partono per un viaggio con finale a sorpresa in cui si bada poco alla mèta, dando invece precedenza a ricordi e incontri coi grandi personaggi della musica napoletana e altri artisti “estremi” dell’Italia che sorprende… gli “Angeli del Sud”