Tasse per 64 milioni, in crescita dai 59 dell’anno precedente, e sanzioni per 39 milioni (in calo da quota 73): a tanto ammontano i soldi che i giganti del web – 25 gruppi da oltre 8 miliardi di fatturato a livello mondiale – hanno versato al fisco italiano. A evidenziarlo è una ricerca dell’area studi di Mediobanca che spiega come, stando ai bilanci, nel 2018 le filiali italiane di queste società abbiano visto un fatturato aggregato pari a poco più di 2,43 miliardi, lo 0,3% dei loro ricavi mondiali, e un tax rate medio, escludendo le società in perdita, del 33,1%. In crescita l’occupazione: il numero di persone che lavora in gruppi come Amazon, Facebook, Google e gli altri è aumentato, lo scorso anno, di 1770 unità, per raggiungere un totale di 9800 dipendenti. A fare la parte del leone sono le società del gruppo Amazon, che ne contano da sole circa 4600. Quasi tutte queste società in Italia hanno sede nelle provincie di Milano e di Monza-Brianza, con l’eccezione di Bonprix, parte del gruppo tedesco Otto, che ha sede a Biella, e di Booking, che ha invece sede a Roma. L’aggregato presenta un’elevata stabilità finanziaria con un capitale netto tangibile quattro volte maggiore dei debiti finanziari e una bassa liquidità (4,5% del totale attivo), in linea con le caratteristiche tipiche di ogni filiale di un grande gruppo estero; le branch italiane di Amazon, Microsoft, Booking e SAP trasferiscono parte della loro liquidità alle relative controllanti che gestiscono in modo accentrato la tesoreria del gruppo. Allargando a livello globale lo sguardo sul rapporto fra le 25 WebSoft analizzate da Mediobanca e il fisco, circa la metà dell’utile ante imposte di questi gruppi è tassato in Paesi a fiscalità agevolata, con conseguente risparmio fiscale cumulato di oltre 49 miliardi nel 2014-2018. Il tax rate effettivo delle multinazionali WebSoft è pari al 14,1%, ben al di sotto di quello nominale del 22,5%. Per la sola Apple (non considerata nella classifica, ndr), nel periodo 2014-2018, la tassazione in Paesi a fiscalità agevolata ha determinato un risparmio fiscale cumulato che sfiora i 25 miliardi; il produttore degli iPhone in Italia ha registrato ricavi per circa 500 milioni, un risultato netto prima delle imposte di 44,3 milioni e ha pagato tasse per 12,4 milioni, con un tax rate pari al 28,1%.