Ci sono molecole che sembrano contribuire in maniera significativa allo stato infiammatorio tipico della sclerosi multipla nelle forme progressive. A dimostrarlo è stato uno studio dell’Università di Modena e Reggio Emilia, pubblicato sul Journal of Neuroimmunology. Gli scienziati hanno approfondito il ruolo che alcune molecole potrebbero avere nell’infiammazione sistemica che colpisce le persone con sclerosi multipla, misurandone i livelli in pazienti e persone senza malattia. Lo studio, realizzato anche grazie ai finanziamenti dell’Associazione italiana sclerosi multipla e alla sua Fondazione, potrebbe aprire le porte allo sviluppo di nuovi farmaci che prendano di mira queste molecole. Il lavoro dei ricercatori si è concentrato nel comprendere meglio il ruolo di alcuni possibili indiziati, ovvero molecole già collegate all’infiammazione tipica delle persone con sclerosi multipla, sulle quali però si avevano risultati contrastanti. “Le sostanze in questione – scrivono gli scienziati – sono normalmente racchiuse all’interno delle cellule, ma quando rilasciate nell’ambiente extracellulare da cellule danneggiate o morte innescano processi infiammatori. È il caso per esempio di HMGB1 (High Mobility Group Box 1, una proteina che regola il processo di trascrizione del DNA) e del DNA mitocondriale circolante, ovvero il materiale genetico contenuto nei mitocondri (gli organelli intracellulari deputati alla produzione di energia) libero nel plasma. Queste sostanze a loro volta potrebbero causare uno squilibrio nei mediatori dell’infiammazione dei pazienti con sclerosi multipla, quali le citochine”. Per comprenderne meglio il ruolo, i ricercatori hanno così caratterizzato i livelli sia di queste molecole sia delle principali citochine pro-infiammatorie in pazienti con forme progressive di sclerosi multipla (primarie e secondarie, rispettivamente abbreviate come PP e SP). Gli scienziati hanno analizzato i livelli di queste sostanze nel plasma di 73 pazienti e di 42 persone senza sclerosi multipla, arruolati come controlli. I risultati hanno mostrato che in generale le citochine pro-infiammatorie erano più elevate nelle persone con sclerosi multipla rispetto ai controlli, ma alcune, come il TNF-alfa o l’interleuchina-8, erano più elevate in particolare nei pazienti con forme primariamente progressive. Il TNF-alfa correlava anche con le misure di gravità della malattia. I livelli di DNA mitocondriale libero nel plasma invece erano più alti nei pazienti con forme secondariamente progressive rispetto a quelli con forme primariamente progressive. Nessuna differenza, sia tra tipologia di pazienti che tra persone con sclerosi multipla e controlli, è stata osservata per la proteina HMGB1. “Nel complesso quanto osservato – conclude Andrea Cossarizza di Unimore – mostra come le citochine che sono state analizzate e il DNA mitocondriale libero possano essere considerati come una sorta di marcatori dello stato infiammatorio cronico tipico della sclerosi multipla. I nostri dati ci permettono anche di ipotizzare che l’impronta e la patogenesi dello stato infiammatorio siano probabilmente diverse nelle forme primariamente e secondariamente progressive”.