(di Tiziano Rapanà) Ora io mi trovo in difficoltà, perché so già che voi, leggendo il titolo, pensate ad una boutade. Una simpatica provocazioncella, un giochino tanto da riempire l’articolo. Non è così. Partiamo dal principio, quest’anno il Premio Nobel per la letteratura è stato assegnato a Olga Tokarczuk e Peter Handke. Li conoscete? Li avete mai sentiti nominare? Sono autori familiari alle letture vostre e delle persone che conoscete? Chi sono ‘sti due? Io lessi alcune pagine di un libro della Tokarczuk, è una scrittrice polacca acclamata dalla critica internazionale. Da noi ha raccolto un consenso ristretto, in altre parole si direbbe di nicchia. Il libro si chiamava Nella quiete del tempo. Mi fermai a pagine cinquanta e mollai felicemente la lettura. Di Handke non so nulla, ho letto che lo scrittore qualche anno addietro avrebbe desiderato l’abolizione del Premio Nobel. Anch’io la penso come lui, i premi non mi sono mai stati simpatici. Istintivamente, li vedo come inutili. E chiaro che qualora in futuro dovessi ricevere un premio, sarei ben contento del riconoscimento. Non sono mica ipocrita, ma il senso dell’esistenza di tutti questi riconoscimenti, compreso il Nobel, che probabilmente non vincerò mai, non mi è chiaro. Colpa mia probabilmente, in fondo il merito va riconosciuto e celebrato e dunque dopotutto vada bene pure un premio. Anche se la cosa non mi convince del tutto… insomma ‘sti due hanno vinto il premio Nobel. E quindi, bisogna considerarli due pilastri della letteratura contemporanea mondiale? Su Handke non posso dire nulla, perché non lo conosco. Ma la Tokarczuk… quelle cinquanta pagine le reputo sostanzialmente mediocri, legate ad un mondo letterario legittimo, dignitoso, ma non magnifico, spettacolare o addirittura degno di entrare nella storia della letteratura. A sto punto, meglio la De Lellis. E qui entra in gioco, la presunta provocazione del titolo. Il suo libro, che sta spopolando in libreria, Le corna stanno bene su tutto l’ho letto e lo considero divertente, ben fatto, anche originale nella sua prosa squisitamente istintiva. Qui la De Lellis ci fa dono delle sue viscere, del suo dolore di donna tradita e del suo modo di andare avanti. L’accademia, quest’anno, aveva l’occasione di premiare un volto popolare, accreditando una volta per tutte la narrativa per il grande pubblico, astemio di letteratura. E invece si è deciso di premiare nuovamente due espressioni dell’élite intellettuale. Il premio Nobel della Letteratura, quest’anno, lo meritava la De Lellis anche perché ha avuto pure il merito di avvicinare tanti giovani al sacro esercizio della lettura. Probabilmente se molti di questi sbarbatelli avranno una cultura media accettabile lo dovranno anche a Giulia De Lellis. Ma i critici ne parlano male, i colleghi scrittori la vedono come l’anticristo. A me, invece, piace. Anche per la sua sincerità: ha ammesso di essersi avvalsa dell’ausilio di una ghost writer, la brava scrittrice Stella Pulpo. Ce ne fossero 100 di Lellis-Pulpo in libreria e invece ci toccano libri che fanno venire la depressione. Comunque approfondirò meglio l’opera dei due scrittore, neo vincitori del Nobel, anche se mi sarebbe tanto piaciuto vedere il meritato trionfo della nostrana De Lellis. E invece ci tocca assistere al consueto, al solito trionfo della letteratura da accademia lontana, tanto per cambiare, dai gusti del pubblico.