Ora la Luna è abitata da migliaia di tardigradi

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Il 7 settembre l’India poserà sul nostro satellite Chandrayaan 2 e un rover

L’11 aprile la sonda israeliana Beresheet ha fallito l’atterraggio morbido e si è schiantata sulla Luna nel Mare della Serenità. L’impatto è stato brutale ma forse qualcosa si è salvato. Il satellite della Nasa LRO (Lunar Reconnaissance Orbiter) ha fotografato in altissima definizione il luogo dell’incidente. Si vedono i rottami della navicella e del rover ma sembra che il carico più prezioso sia stato espulso prima dello schianto e si trovi abbastanza lontano dai resti di Beresheet (nell’immagine sono accostate le foto del sito di impatto prima e dopo il crash). Il materiale sopravvissuto è protetto in 22 scatolette formato custodia di DVD. Una di queste, schermata dai raggi cosmici, contiene migliaia di tardigradi, animaletti microscopici noti anche come “orsetti d’acqua”, la specie vivente più resistente che si conosca: sopporta temperature estreme (da +150 a -200 °C), pressioni spaventose, radiazioni micidiali, anni di ibernazione in assenza di acqua (criptobiosi) durante i quali il suo consumo energetico si riduce del 99,9 per cento.

Scoperti da Spallanzani
Grazie a queste caratteristiche, i tardigradi sono probabilmente le creature più adatte a sopravvivere nell’ambiente spaziale. Scoperti da Lazzaro Spallanzani nel 1777, misurano da un decimo di millimetro a un millimetro e mezzo e hanno otto zampette telescopiche che ritirano quando vanno in letargo. La loro forma ricorda quella di un minuscolo orso. Sulla Luna potrebbero cavarsela per mesi e forse anni. Per uscire dalla criptobiosi hanno però bisogno di acqua. Una futura missione con astronauti forse riuscirà a rianimarli. Sarebbe un esperimento di grande interesse scientifico.

La cultura umana in 21 dischi
Gli altri 21 dischi contengono un archivio digitale della civiltà umana. Tra i documenti, la versione inglese di Wikipedia, migliaia di classici di tutte le letterature mondiali, i vocabolari di 5000 lingue, campioni di DNA umano protetti in strati di resina epossidica, capelli e sangue di 24 persone e campioncini provenienti da siti religiosi, tra i quali un rametto dell’albero del tempio indiano di Mahabodhi, un’antica pianta di fico considerata sacra perché discende da quella sotto la quale Buddha avrebbe avuto la sua “illuminazione” mistica. Tutto questo materiale è stato fornito dalla Arch Mission Foundation, istituzione che intende costituire “un backup del pianeta Terra” utile a eventuali alieni per documentarsi sulla nostra civiltà anche quando sarà estinta. Se i tardigradi e l’archivio sono davvero scampati all’impatto, possiamo dire che quello di Israele (o meglio della compagnia privata Israel Aerospace Industries) è stato un fallimento di successo.

Allarme contaminazione
Piccola nota a margine. Finora le missioni spaziali hanno avuto la massima cura a non contaminare lo spazio con organismi terrestri. Con l’avvento delle compagnie private sembra che queste attenzioni siano state messe da parte. La discesa sulla Luna di Berescheet e della sonda cinese Chang’e 4 è un campanello di allarme. Per motivi diversi ma non meno gravi dovremmo anche preoccuparci di un dato comparso su “MIT Technology Review”: si prevede che nel 2028 ci saranno circa 27 mila satelliti in orbita intorno alla Terra contro gli attuali 2000.

Chandrayaan 2 verso la cattura
Fico di Buddha a parte, il 7 settembre si poserà sulla Luna la navicella indiana Chandrayaan 2, in viaggio dal 22 luglio su una rotta lenta e tortuosa ma che permette di risparmiare energia alla partenza e di evitare “frenate” all’arrivo. Se tutto andrà bene, l’India diventerà così il quarto paese, dopo Stati Uniti, Russia e Cina, in grado di compiere un allunaggio morbido. Il traguardo è una regione pianeggiante vicina al polo sud lunare, tra i crateri Manzinus C e Simpelius N. Un sito alternativo potrebbe essere nei pressi del cratere Klaproth. La rotta prevede una serie di orbite intorno alla Terra quasi-geostazionarie ma via via sempre più ellittiche grazie alla “frustata” gravitazionale impressa dal nostro pianeta ad ogni flyby, fino alla cattura della sonda in orbita lunare.

Ping-pong con il laser
Chandrayaan 2, con una massa complessiva di 1470 chilogrammi e un costo di 165 milioni di dollari, si compone di un orbiter che per un anno girerà intorno alla Luna a 100 km dalla sua superficie, una stazione fissa e un piccolo rover (27 kg) che esplorerà i dintorni e svolgerà analisi geologiche e chimiche per la durata di un giorno lunare (due settimane). Tra gli strumenti, un sismometro e una sonda termica per misurare la temperatura nel sottosuolo. La Nasa ha fornito un retroriflettore laser grande come una pallina da tennis che si aggiungerà a quelli lasciati dalle missioni americane e russe: giocando a ping-pong con un raggio laser ormai si misura la distanza della Luna con l’incertezza di pochi millimetri.

Piero Bianucci, lastampa.it