“Troppo debole fisicamente e mentalmente” per fare il primo ministro. “I pistoni del suo motore perdono colpi”. E dà anche segni di perdere “la memoria”. È il giudizio preoccupato che un gruppo di “civil servants”, gli alti funzionari statali che fanno funzionare la macchina del governo britannico, hanno pronunciato nei confronti di Jeremy Corbyn nel corso di una recente riunione. Rivelato in prima pagina dal Times, suona come un campanello d’allarme nei confronti di un leader già contestato anche per altre ragioni, sia all’interno del Labour, sia all’esterno: per la sua riluttanza a prendere una posizione netta a favore della permanenza nell’Unione Europea in un eventuale secondo referendum sulla Brexit; e per l’incapacità, o forse la scarsa volontà, di combattere l’antisemitismo nel suo partito.
Il 70enne Corbyn viene descritto dai “mandarini” di stato come un leader non in grado di governare. E anche per questo facilmente manipolabile dai suoi consiglieri: un’accusa già circolata nei giorni scorsi, quando l’ex-ministra degli Esteri laburista Margaret Beckett ha dichiarato apertamente che il leader è di fatto “prigioniero” dello staff dei suoi più stretti collaboratori. Parole che il portavoce di Corbyn ha smentito seccamente: “Tesi ridicola, priva di alcun fondamento”.
Quanto all’idea che sia tropo vecchio per diventare premier, lui stesso nei mesi scorsi l’ha respinta con forza: “Seguo una dieta vegetariana, vado in bicicletta, faccio sport, sono in piena salute e mi sento benissimo”. In pubblico, in effetti, non ha mai dimostrato cedimenti dal punto di vista fisico. Da quello politico, il suo comportamento desta più dubbi: basti citare il ripetuto impegno a eliminare ogni forma di antisemitismo nel Labour, un problema su cui è stata perfino lanciata un’indagine parlamentare, smentito nei giorni scorsi dalla riammissione nel partito di un controverso deputato, sospeso per una serie di commenti impropri sulla questione
Come se non bastasse, a dispetto delle innumerevoli difficoltà dei conservatori nell’ultimo anno, culminate nelle dimissioni di Theresa May, e nonostante le gaffe in serie del suo probabile successore Boris Johnson, il Labour di Corbyn non ha mai avuto un grande vantaggio sui Tories nei sondaggi e anzi, nell’ultimo, sono tornati in testa loro, possibile sintomo dell’“effetto Boris”. Ma gli stessi “civil servants” che lanciano l’allarme sulla idoneità fisica e mentale di Corbyn hanno espresso timori analoghi su Johnson, non per ragioni di età ma perché visto come superficiale, confusionario e scarsamente portato per la difficile arte del governo. Con una sfida tra due politici così, la scelta per gli elettori britannici non si prospetta facile, quando saranno richiamati alle urne, e non ci vorrà molto prima che succeda.
Enrico Franceschini, Repubblica.it