Prima è arrivata la minaccia di una procedura d’infrazione della Ue per debito eccessivo; e la settimana scorsa se n’è avuta certezza. Disarmante la reazione del vice primo ministro Matteo Salvini: si farà la flat tax ed emetteremo mini Bot, ha dichiarato, a significare che deficit e debito saliranno ancor più in futuro.
Nel frattempo, il Pil italiano è cresciuto appena dello 0,1% nel primo trimestre e la produzione industriale è crollata ad aprile. Ma i mini Bot servono a pagare gli arretrati della pubblica amministrazione (53 miliardi), ribattono Salvini e Luigi Di Maio. I mini Bot fanno debito e sono illegali, risponde Mario Draghi, e Fitch avverte che, se fossero emessi, si avrebbero «immediate conseguenze negative sul rating».
Per ironia della sorte, il debito è già salito di 53 miliardi in un anno e ad aprile ha toccato i 2.373 miliardi che, in un’economia destinata alla stagnazione, equivalgono al 135% del pil. Di questo passo l’Italia non tarderà molto a contendere il primato alla Grecia (175%).
I Btp
Ce n’è abbastanza per mettersi al ribasso sui Btp, si direbbe, e così hanno pensato parecchi investitori. Infatti lo spread, dal minimo relativo di 266 il 24 maggio, ricomincia a salire fino a 286 il 31 maggio, ma poi ridiscende precipitosamente. E appena udite le suadenti parole di Draghi a Sintra («una politica monetaria commisurata alla gravità dei rischi» che spazia da tassi fermi per un più lungo periodo, se non più bassi ancora, alla resurrezione del «quantitative easing»), lo spread è finito a 240 punti. Un investitore razionale penserebbe che non ci sia molta logica nei comportamenti del mercato; e, al contrario, un politico come Salvini si convincerebbe che è giusto quel che vuol fare il governo.
La logica
Invece, c’è una certa logica e Salvini non ha motivo per gloriarsi, perché è diffusa convinzione che «mentre la retorica di alcuni politici italiani rimane ostile alle regole europee, il governo resti impegnato a rispettare i parametri fiscali della Ue», si legge nel compassato comunicato di Fitch; oppure, nel più diretto lessico di Andrea Delitala di Pictet, che alcuni esponenti del governo siano «usi ad abbaiare molto, ma a mordere poco». Dunque, il mercato non crede a una dispendiosa flat tax e ancor meno ai mini Bot che, nel giudizio di Erik Nielsen, capo economista di Unicredit, sono idee da «economisti vudù».
Perché il Btp è tornato di moda
Fatta salva questa convinzione (o illusione), vi sono fattori «tecnici» e un particolare quadro macroeconomico che spiegano il parziale ritorno d’interesse per i Btp. Il primo motivo, sostiene Delitala, è che, dopo lo choc di maggio e novembre 2018, quando lo spread sfiorò i 330 punti, il mercato «è oggi meno impreparato alle brutte notizie».
Il secondo è che, in un contesto internazionale di rendimenti in forte calo – perché non c’è inflazione, come ripetono gli ottimisti, o perché crescono i rischi di recessione come temono i pessimisti– il 2,10% promesso dal decennale italiano è gran cosa. Con il Bund tedesco a -0,32% (minimo storico) e oltre 12 mila miliardi di titoli a rendimenti negativi in giro per il mondo (quasi il 30% delle attività esistenti), cos’altro si può comprare?
Il calo dello spread
I Treasury americani offrono un ancor attraente 2%, ma il ritorno s’azzera se ci si vuol proteggere dal rischio cambio. Inoltre, aggiunge il capo investimenti di Pictet, è prassi assai lucrosa finanziarsi a tassi negativi presso la Bce e comprare Btp, come fanno le banche. E, anche se non puoi attingere al bengodi della banca centrale, rendimenti ancora relativamente elevati procurano a fondi comuni, fondi pensione e assicurazioni un barlume di positività e un piccolo sollievo ai risparmiatori che a queste hanno affidato i denari. Il precipitare a politiche monetarie che paiono riportarci alle condizioni di 10 anni fa ha costretto la pattuglia d’investitori che ancora erano al ribasso sui Btp a chiudere le posizioni. Così si spiega uno spread calato in poche settimane di 45 punti e il rendimento di 65. Anche se il costo del denaro per il Tesoro italiano è di gran lunga più caro del resto d’Europa, il nostro debito appare più sostenibile: se gli oneri su quello emesso sono il 2,8% del Pil, il nuovo costerebbe solo l’1,3% (dati del ministero) e su questa più «modesta» spesa si fondano le proiezioni di bilancio.
Ma l’Italia non ha meriti
Ma una cosa è chiara: di tutta questa felice contingenza, «l’Italia non ha meriti», conclude Delitala. Inoltre, questa condizione è del tutto provvisoria. Vi sono due componenti nello spread: una misura il rischio d’insolvenza e incide per circa il 70%: il resto rappresenta l’incognita su una possibile uscita dall’euro. Un maggior deficit pubblico (e quindi un’ulteriore crescita del debito) finirebbe per gonfiare il primo, ma avrebbe riflessi anche sul secondo. L’emissione di mini Bot, accompagnata dalla retorica anti euro, renderebbe invece esplosivo il pericolo Italexit. Non a caso sono due i paesi in cui Bank of America e Goldman Sachs sconsigliano d’investire: Gran Bretagna e Italia. È quello che pensano anche i grandi investitori sondati da Bofa: 50 di loro (il 42%, contro il 30% di un mese fa) hanno dichiarato di voler «sottopesare» l’Italia nei prossimi 12 mesi.
Walter Riolfi, Corriere.it