Una montagna di monetine. Tante da realizzare un’intera Brebemi ogni anno. E da pagare un sesto della spesa sanitaria dell’intera Lombardia, anche se qui parliamo della sola provincia di Milano. Oppure ancora, una cifra sufficiente (con un buon avanzo di cassa) a finanziare tutta la nuova metropolitana 4. Eppure di quei soldi non ci resta praticamente nulla. E anzi, più alta è la cifra in gioco (e il termine non è casuale), ancora più lo è il saldo negativo: spese sanitarie per sconfiggere la dipendenza, aiuti alle famiglie, costi sociali.
Il gioco telematico a Milano vale l’iperbolica cifra di 3 miliardi e 115 milioni di euro. I dati dell’Agenzia dei monopoli 2018 disegnano solo i contorni di questo Pil alla rovescia che tradotto su ogni cittadino residente — dai neonati agli infermi — costa quasi mille euro all’anno: 973 per la precisione. Con picchi fino a 5.422 euro a Cusago, 7.842 euro a Bellinzago Lombardo, e addirittura 2.219 euro a Carpiano, 4 mila anime al confine con la provincia di Pavia. A Milano città, lo scorso anno, si sono spesi in slot e videolottery oltre 1 miliardo e 366 mila euro, mille a testa. Un calcolo che quasi raddoppia se si considera l’età anagrafica (dai 18 anni in su) per accedere alle sale del gioco «legale». Una battaglia che, nonostante le campagne «No slot» che lentamente stanno togliendo macchinette da bar e locali, continua ad essere persa e perdente. Con costi sociali altissimi. Anche se è quasi impossibile conteggiare l’indotto negativo. Simone Feder, direttore del centro per le dipendenze della Casa del giovane di Pavia, è stato tra i primi ad occuparsi del fenomeno: «È iniziato tutto da Fabio, un ragazzo di 15 anni. S’è presentato da noi con il padre. Mi è venuto spontaneo chiedere al genitore: “Cos’ha combinato Fabio?”. Invece era stato lui a portare il papà — racconta —. È incredibile che siano sempre più spesso i figli a chiedere aiuto per i genitori». I dati dicono che il 97% dei ludopatici passa attraverso le slot machines: «In Lombardia il 13-14% dei giovani dice di avere mamma o papà che giocano ogni giorno».
Disintossicarsi è possibile, i percorsi funzionano. «Ma per il 7% delle persone che si rivolgono a noi è necessario un trattamento residenziale, come per i dipendenti da eroina, cocaina o alcol». Negli ultimi giorni associazioni e società civile hanno avviato una battaglia contro l’apertura di una sala a Binasco (2.635 euro di spesa procapite). Sul caso Carpiano, dove c’è una sala slot aperta 24 ore su 24, Feder è categorico: «È come il bosco di Rogoredo, il gioco è l’eroina del terzo millennio».
Cesare Giuzzi, Corriere.it