«Privacy per tutti»
Andiamo con ordine. L’amministratore delegato di Mountain View, Sundar Pichai, ha risposto al grido di Mark Zuckerberg di qualche giorno fa — «Il futuro è in privato» — con un «siamo fermamente convinti che privacy e sicurezza debbano essere per tutti, non solo per pochi». La dichiarazione è suggellata da una serie di buoni propositi, a partire dalla già annunciata possibilità di eliminare automaticamente i dati sulla posizione (più avanti) e sull’attività nel web e app (da subito) dopo tre o 18 mesi.
L’uso dei dati
La novità più rilevante consiste nell’intenzione di non far più transitare e archiviare (parte de) i dati degli utenti nel cloud, ma di farli rimanere sugli smartphone, continuando ad allenare l’apprendimento automatico. La filosofia di Apple, in sostanza, in modo abbastanza antitetico al funzionamento di Google e del suo modello di business. Il motore di ricerca e gli altri prodotti di Mountain View si nutrono delle informazioni sui comportamenti delle persone, sia per migliorare le loro prestazioni sia per indirizzare le campagne pubblicitarie. Eppure, la pressione delle autorità e delle norme, in atto o in arrivo, a partire dal Regolamento europeo per la privacy, ha evidentemente sortito i suoi effetti.
Dalle mappe a Youtube
Entro fine mese, ad esempio, gli utenti vedranno l’icona del loro profilo nella parte alta — a destra — dello schermo quando stanno usando il motore di ricerca, le mappe, Youtube, Chrome, l’Assistente Google e Google News e potranno accedere facilmente al pannello di gestione dei dati personali. Oppure, la navigazione in incognito di Chrome viene estesa anche a Youtube e Maps, così da poter decidere di navigare senza rimpinguare il proprio profilo con nuove informazioni. Il punto è questo: dare agli utenti, in modo semplice e trasparente, la possibilità di scegliere se usare un prodotto senza beneficiare di alcuna personalizzazione — un Google Maps ignaro dei percorsi compiuti precedentemente o di dove siano «casa» o «lavoro» — o se lasciare che la piattaforma ottenga e attinga a tutti i dati possibili per fornire un servizio più rapido e funzionale.
Nest
La rinnovata attenzione alla privacy coinvolge anche la famiglia di prodotti per la casa Nest, rinominata Google Nest e pronta ad accogliere un nuovo ingombrante pargolo. Come dicevamo, lo schermo intelligente Nest Hub Max si candida a popolare i nostri salotti con una funzione di riconoscimento dei volti — Face Match — per adattare le risposte al singolo interlocutore. La questione è delicata: Facebook, ad esempio, ha preferito (per ora?) evitare su Portal. Google non si ferma e si affida all’elaborazione del dato sul dispositivo e non sulla nuvola. L’occhio vigile, consapevole e servizievole dello schermo non dovrebbe quindi far uscire alcuna informazione dalle fiduciose quattro mura domestiche. Ripetiamo, la questione è delicata: proprio ieri il Washington Post ha raccontato come Alexa di Amazon (tu quoque WaPo?, che è di Jeff Bezos, l’amministratore delegato di Amazon) salvi automaticamente gli interrogativi di chi le si rivolge senza dare la possibilità di intervenire una tantum.
L’Assistente
Tornando alle novità di Google, come ci si aspettava è arrivato il nuovo smartphone di fascia media Pixel 3A, mentre il sistema operativo Android Q si curerà della privacy permettendo di gestire più facilmente la condivisione della posizione e sarà in grado di trascrivere ciò che viene detto in tempo reale, grazie a Live Caption. L’Assistente Google è poi diventato dieci volte più veloce e sbarca sulle automobili, che si potranno anche noleggiare con Duplex, la funzione di prenotazione autonoma presentata lo scorso anno.
Martina Pennisi, Corriere.it