Il mondo delle professioni è già entrato in una nuova dimensione: dal settore sanitario a quello economico-giuridico sono sempre più alti gli interessi di fondi, imprenditori e soci di capitale che vogliono investire sugli studi professionali. Un’ondata che sta scuotendo alcune categorie che vedranno grandi player fare da competitor a singoli professionisti. La categoria dei dentisti è una di quelle che ha maggiormente subito «l’attacco» di gruppi imprenditoriali che hanno applicato metodologie di carattere aziendale alle cliniche, riuscendo a standardizzare le prestazioni e occupando una significativa fetta del mercato.
L’assalto dei gruppi
«I professionisti più evoluti hanno compreso — spiega Umberto Ciciarelli, presidente Andi (Associazione italiana dentisti, Abruzzo) — che possono e devono copiare le metodologie utilizzate dagli imprenditori come standardizzazione dell’attività, organizzazione aziendale, controllo di gestione, marketing, coniugandole con la professionalità tipica della categoria e quindi creando un valore aggiunto che i gruppi che si stanno espandendo non riescono a fronteggiare. Vi sono forti segnali in tal senso: stanno crescendo esponenzialmente i contatti da parte di professionisti che chiedono alle associazioni una consulenza. L’Andi ha da tempo iniziato una campagna di sensibilizzazione per aiutare soprattutto i giovani dentisti ad aggregarsi e iniziare una carriera professionale senza dover lavorare da dipendenti presso una grande catena».
La spinta all’aggregazione
Nel campo della consulenza e della guida all’aggregazione, Mpo & partners è probabilmente l’unica realtà italiana a svolgere un lavoro specifico con gli studi professionali. «Due anni fa abbiamo cominciato a monitorare una fortissima offerta di cessione di studi dentistici, a cui non corrispondeva un’adeguata domanda — ricorda Alessandro Siess, fondatore di Mpo & partners —. La domanda era rappresentata in prevalenza da catene dentali, di grandi e piccole dimensioni, spesso le seconde costole delle prime, le quali erano interessate esclusivamente a cliniche o studi al piano terra, con vetrina, in zona commerciale o meglio ancora all’interno di centri commerciali, organizzati già con metodologie aziendali. Il target preferito delle catene era, ed è ancora, lo studio in difficoltà, in quanto la catena che ha alle spalle un investitore generalmente è scarsamente propensa ad acquisire uno studio con buon fatturato, pagandolo di conseguenza, mentre preferisce subentrare a strutture in dismissione, da potenziare tramite le proprie strategie commerciali. Alle catene interessano poco gli studi e le cliniche con forte fatturato perché presentano costi molto alti e professionisti poco propensi a cedere».
Le opportunità
La scelta quindi ricade quasi sempre su studi in crisi o con titolari vicini al traguardo della pensione. Ma esiste un metodo per realizzare una giusta valutazione di uno studio professionale? «La valutazione di uno studio dentistico segue in linea di principio i criteri di determinazione adottati nella pratica per la valutazione di azienda — spiega Siess —. Ma è necessario fare attenzione ad alcuni elementi specifici della realtà professionale. Nella prassi, si utilizza un sistema misto derivante dalla combinazione del metodo dei multipli di mercato e del metodo reddituale-finanziario che permette di determinare il rendimento medio dello studio sulla base di un intervallo di riferimento, in genere, gli ultimi 3 anni».
Ma da tempo le categorie professionali sostengono che la miglior difesa è l’attacco e sollecitano gli stessi professionisti a fare campagna acquisti.« Infatti ora si sono affacciati sul mercato come acquirenti anche i professionisti — conferma Corrado Mandirola, altro fondatore di Mpo —. Dentisti che cercano strutture avviate da rilevare e che quindi sono disponibili a pagare l’avviamento dello studio. Noi ci rivolgiamo principalmente a questo tipo di acquirenti, in quanto consentono un’adeguata valutazione e monetizzazione dello studio in cessione. Questa è una fase che resta ancora vantaggiosa dal lato acquirente».
Isidoro Trovato, Corriere.it