Mentre cresce l’attesa per l’aggiornamento del rating dell’Italia da parte di Moody’s, previsto stasera a mercati chiusi, il Paese registra un nuovo record per il debito pubblico a gennaio: +41,3 miliardi di euro rispetto a dicembre a 2.358 miliardi. Il dato emerge dal Supplemento al Bollettino Statistico “Finanza pubblica, fabbisogno e debito” di Banca d’Italia.
L’incremento riflette l’aumento di 44 miliardi delle disponibilità liquide del Tesoro (a fine mese risultavano pari a 79,1 miliardi), solo in parte compensato dall’avanzo di cassa del mese (2,5 miliardi). Complessivamente gli scarti e i premi all’emissione e al rimborso, la rivalutazione dei titoli indicizzati all’inflazione e la variazione dei tassi di cambio hanno ridotto il debito di 300 milioni.
Con riferimento alla ripartizione per sottosettori, il debito delle amministrazioni centrali è aumentato di 41,8 miliardi, quello degli enti di previdenza di 100 milioni, il debito delle amministrazioni locali si è invece ridotto di 600 milioni. Sempre a gennaio, continua Via Nazionale, salgono le entrate tributarie a 34,5 miliardi, in aumento del 2,4% (800 milioni) rispetto al dato dello stesso mese del 2018.
“Un dato decisamente preoccupante, specie se si considera che la Bce ha smesso di acquistarci titoli di Stato”, commenta Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori. “Considerato che in Italia, secondo gli ultimi dati Istat, ci sono 25.386.000 famiglie, è come se ogni famiglia avesse 92 mila euro di debito, 92.885 euro per la precisione. Se consideriamo la popolazione residente, pari a 60.483.973 unità, e’ come se ogni italiano avesse un debito di 38 mila e 985 euro”, conclude Dona.
E a dicembre il valore dei titoli di Stato italiani in mano a soggetti esteri è calato nuovamente a 634,393 miliardi dai 646,883 miliardi di novembre, nuovo minimo da dicembre 2013 (618,8 miliardi).
E in base a calcoli Reuters sui dati di Via Nazionale, a dicembre la quota dei titoli in mano ai non residenti sul totale di quelli in circolazione è scesa al 32,3% da 32,4% di novembre.
Sempre Reuters riporta che i dati odierni includono i titoli di Stato detenuti da investitori domestici attraverso soggetti non residenti (come gestioni patrimoniali e fondi) e quelli detenuti dall’eurosistema direttamente (e non attraverso Bankitalia) e da banche centrali di altri Paesi. Secondo le stime di Bankitalia, al netto di queste voci la quota in mano agli investitori esteri, afferma ancora Reuters, è calata al 24% del totale nel corso del secondo trimestre dell’anno, con una flessione di circa tre punti percentuali, la più ampia dal secondo trimestre del 2012.
Intanto lo spread Btp/Bund, dopo aver aperto in rialzo a 244 punti base dai 241 punti della chiusura di ieri, al momento tratta in calo a 241 punti base, con il tasso del decennale al 2,5%, in vista del verdetto di Moody’s. L’agenzia lo scorso 19 ottobre aveva declassato il rating da Baa2 al livello Baa3, un gradino sopra il non-investment grade, confermando un outlook stabile.
Gli strategist di Unicredit non si aspettano alcuna revisione sulla raccomandazione o sull’outlook. Per gli esperti, però, Moody’s rivedrà probabilmente le previsioni sulla crescita del pil dell’Italia allo 0% circa per il 2019, dall’1,3% di ottobre, e all’1% per il 2020. Inoltre l’agenzia di rating dovrebbe alzare le stime sul deficit di bilancio e sul debito pubblico, soprattutto dopo che l’Istat ha registrato un aumento del rapporto debito/pil al 132,1% nel 2018, dal 131,3% dell’anno precedente. Infine, Moody’s dovrebbe evidenziare il rischio elevato di elezioni anticipate, dopo quelle del Parlamento europeo di maggio, fattore che resterà un ostacolo alla discesa dei rendimenti dei titoli di Stato, concludono da Unicredit.
Paola Valentini, Milano Finanza