I colossi tech possono tirare un sospiro di sollievo, almeno per il momento. L’Ecofin non ha raggiunto un accordo su una tassa europea per i giganti digitali: alcuni stati si sono opposti e per questo ora la palla passa all’Ocse per una riforma di portata globale.
I ministri riuniti al Consiglio di Economia e finanza dell’Ue non hanno approvato il testo di compromesso sulla digital tax presentato dalla presidenza romena. Parlando in una sessione pubblica dell’incontro, Eugen Teodorivici ha spiegato che non si è raggiunta un’intesa nonostante i mesi di discussioni, a causa della forte opposizione al testo dell’Irlanda e dei paesi scandinavi Danimarca e Svezia.
Una buona notizia per Google e Facebook, che rischiavano di incorrere in un’imposta del 3 per centosul fatturato nei vari stati membri dell’Ue. Una misura a cui si era giunti dopo mesi di intensi negoziati e meeting internazionali.
Infatti, era il 21 marzo del 2018 quando la Commissione europea aveva formulato delle proposte per introdurre delle nuove modalità di tassazione delle attività economiche digitali. La misura della digital tax era stata rivista durante la presidenza di turno austriaca del Consiglio dell’Unione europea. A novembre, era stato redatto un testo di compromesso, che prevedeva l’applicazione di questa imposta del 3 per cento alle entrate derivanti da digital advertising, marketplace online e vendita dei dati generati dalle attività digitali degli utenti. E si stabiliva anche come capire in quale paese dell’Ue questi volumi d’affari dovevano essere tassati. In particolare, la posizione dell’utente o l’indirizzo Ip del device utilizzato.
Tuttavia, diversi stati membri avevano bloccato il progetto, temendo una perdita di ricavi. Così per salvare il piano, Francia e Germania avevano suggerito di limitare la portata dell’aggravio fiscale: la tassa avrebbe dovuto colpire con un valore del 3 per cento solo le entrate derivanti dalla pubblicità digitale.
Negoziazioni e compromessi che non hanno portato al risultato sperato: la web tax a livello europeo è stata rimandata. Ora bisognerà aspettare la formulazione di una proposta di tassazione globale da parte dell’Ocse entro il 2020. Ma il compito di eliminare tutte quelle scappatoie che permettono alle multinazionali del tech di pagare meno imposte si prevede molto arduo a causa dei divergenti interessi dei singoli stati.
I giganti digitali hanno infatti mostrato tutti i limiti del sistema fiscale internazionale, visto che per evitare le imposte questi registrano i profitti negli stati che offrono soluzioni più vantaggiose, indipendentemente da dove risiede il cliente che consuma il servizio.
Le difficoltà a trovare un accordo a livello comunitario ha spinto alcuni paesi ad agire autonomamente. Nel vecchio continente, Francia, Spagna, Gran Bretagna e Italia stanno lavorando a imposte domestiche. Al di fuori dell’Ue, l’Australia è impegnata in un simile compito all’interno dei confini nazionali. Iniziative che sono state criticate dagli Stati Uniti.
Chip Harter, uno dei responsabili del Tesoro Usa per le questioni fiscali internazionali, ha definito queste tasse come “discriminatorie” nei confronti delle aziende americane, sottolineando che gli “Stati Uniti rigettano qualsiasi proposta di questo tipo, che sia francese o britannica” e aggiungendo che l’opzione migliore è riformare il sistema fiscale internazionale nell’ambito dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico.
Per il ministro delle Finanze francese Bruno Le Maire sarebbe preferibile siglare un accordo a livello globale. Ma se questo non dovesse essere raggiunto, Parigi è pronta a portare avanti la sua iniziativa legislativa individuale. “La cosa migliore sarebbe una misura fiscale che ottenga il consenso dei paesi Ocse. Quando ci sarà una tassa internazionale, la Francia potrà ritirare la sua imposta a livello nazionale”, ha spiegato ai cronisti a Bruxelles.
Commentando il risultato dell’Ecofin, il commissario agli Affari economici Pierre Moscovici ha parlato di “occasione mancata”, precisando che se entro fine 2020 non sarà trovato un’intesa, si tornerà a discutere sulla proposta comunitaria che non sarà quindi ritirata.
Marco Cimminella, Business Insider Italia