Condannato a 5 anni e 10 mesi in via definitiva per corruzione, l’ex governatore lombardo Roberto Formigoni – processato per il crac delle fondazioni Maugeri e San Raffaele – andrà in carcere. Il verdetto della Cassazione è arrivato in serata, dopo poco più di tre ore di camera di consiglio e la dura requisitoria del procuratore generale della Cassazione Luigi Birritteri, che ha sottolineato l’ «imponente baratto corruttivo» che ha visto Formigoni tra i protagonisti.
Per il ‘Celestè il pg aveva chiesto la «massima pena» e cioè la conferma della condanna a 7 anni e 6 mesi, oltre all’interdizione perpetua dai pubblici uffici. La Cassazione ha confermato la condanna, ma con uno sconto, dovuto agli effetti della prescrizione. La Suprema Corte ha anche respinto i ricorsi dei coindagati di Formigoni: confermata così la condanna a 7 anni e 7 mesi per Costantino Passerino, ex manager della Maugeri e quella a 3 anni e 4 mesi per l’imprenditore Carlo Farina. Inammissibile, infine, il ricorso di Carla Vites, che era già stata assolta ed aveva impugnato la sentenza per avere un proscioglimento più ampio.
Ora, con la condanna definitiva, già da domani potrebbero aprirsi le porte del carcere per l’ex governatore della Lombardia. Infatti, non appena verrà trasmesso il dispositivo della sentenza della Cassazione, il sostituto pg Antonio Lamanna, titolare del fascicolo, emetterà l’ordine di esecuzione della pena. Ordine che verrà immediatamente eseguito a meno che, come probabile, Formigoni non si costituisca spontaneamente. Durante la sua requisitoria, il procuratore generale della Cassazione ha messo l’accento sulla «imponente» mole delle prove, «ulteriormente corroborata» dal concordato in appello del faccendiere Pierangelo Daccò e dell’ex assessore lombardo Antonio Simone. Ad avviso del Pg, da parte di Formigoni c’è stato un «sistematico asservimento della funzione pubblica agli interessi della Maugeri, un baratto della funzione».
Il Pg Birritteri ha inoltre ricordato che questa vicenda corruttiva riguarda un giro di circa 70 milioni di euro e 6 milioni di «utilità», sotto forma di cene, viaggi e vacanze da sogno, che sono arrivati «in vari flussi e forme» a Formigoni. In particolare, il Pg ha chiesto la conferma della condanna del ‘Celestè «tenuto conto del suo ruolo e con riferimento all’entità e alla mole della corruzione, che fanno ritenere difficile ipotizzare una vicenda di pari gravità» e ha chiesto ai supremi giudici di non concedergli sconti di pena per evitare «che la legge possa essere calpestata con ‘grida manzonianè». «Si dice che Formigoni va in barca, che è invitato in vacanza ma nessuno – ha detto il professor Franco Coppi nella sua arringa difensiva – è riuscito a dimostrare la riconducibilità di un singolo atto di ufficio a queste ‘utilità’. Nessuno sa che cosa è stato chiesto a Formigoni, e nessuno sa per quale cosa è stata corrisposta quella utilità».
Coppi ha sottolineato la «totale mancanza di prove» a carico dell’ex governatore e ha chiesto alla Suprema Corte di assolverlo o, in alternativa, di annullare con rinvio la condanna per calcolare la prescrizione che a suo avviso è maturata. L’altro difensore di Formigoni, l’avvocato Luigi Stortoni, ha attaccato il verdetto d’appello sostenendo che «ha trasfuso su un piano giuridico delle considerazioni eminentemente etiche» e in nessun modo ricostruisce il flusso di utilità – «non si tratta di denaro» – per sei milioni di euro di cui avrebbe beneficiato Formigoni. All’ex governatore si contesta di aver creato in Regione una corsia preferenziale per le due fondazioni nel settore sanità con una delibera sulle funzioni non tariffabili del 2006 e un’altra sul non profit del 2007. Atti che hanno superato lo scrutinio del Tar.
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