La parola che avrebbe fatto leggermente traballare il «clima buono» sarebbe stata «Venezuela». Il premier si sarebbe lamentato dell’accusa di rappresentare un governo che sta isolando il Paese dall’Europa e dal mondo. Questo non sarebbe vero, ed ecco un esempio: noi Italia sul caso di Caracas la pensiamo come il Vaticano. Inevitabile l’interruzione del sostituto per gli Affari generali della segreteria di Stato, monsignor Edgar Peña Parra – venezuelano – che avrebbe puntualizzato: non è così, noi siamo neutrali, però chiediamo a gran voce la liberazione dei prigionieri politici, la libertà di stampa, l’apertura delle linee umanitarie. Insomma, è la «neutralità positiva» descritta qualche giorno fa da Parolin.
Si è risolto invece con qualche risata il passaggio sulle scuole cattoliche e la prudente richiesta vaticana di «fare qualcosa di più»: un ministro avrebbe risposto con la battuta «chiedete a Tria».
Si è parlato molto di inclusione delle fasce deboli, e le autorità vaticane hanno insistito sulla «integrazione» dei migranti, informa Parolin. Però non ci sarebbe stato quel pressing come ai tempi di Gentiloni e del decreto Minniti. Ovviamente non poteva mancare il tema dell’inclusione delle fasce più deboli della popolazione, con riferimenti al reddito di cittadinanza. Discusse inoltre le chiusure domenicali, su cui si è dialogato soprattutto con Di Maio. Questo è un argomento «che come Chiesa ci sta a cuore, anche se comprendiamo allo stesso tempo il problema dei posti di lavoro», spiega ancora Parolin.
L’incontro è durato più del previsto, ed è la conferma «che è andato bene», ha confidato all’uscita un alto prelato. Certo però, raccontavano alcuni diplomatici di lungo corso, oggi c’è meno confidenza, meno abitudine a incontrarsi, tra ministri italiani e «ministri» vaticani. «Niente a che vedere con gli anni dei governi Prodi e Berlusconi».
Domenico Agasso Jr, La Stampa