La casa produttrice di veicoli elettrici fondata da Elon Musk sta cercando di accrescere il proprio volume di affari in Asia, ma non è cosa semplice da quando le tensioni commerciali appesantiscono con alte imposte le importazioni cinesi dei suoi prodotti: nell’ottobre scorso, l’azienda ha fatto notare come i dissapori economici tra le due potenze avevano comportato “tariffe del 40 per cento sulle auto Tesla” mentre quelle che colpivano altri brand stranieri si attestavano al 15 per cento.
Anche per superare il problema dei dazi Elon Musk aveva annunciato l’estate scorsa l’apertura di una fabbrica Tesla a Shanghai, la cui costruzione è iniziata poche settimane fa: un progetto che dovrebbe costare 2 miliardi di dollari e che prevede il completamento dei lavori entro la fine del 2019. Il nuovo impianto dovrebbe produrre circa 500 mila macchine all’anno in territorio cinese. Sarebbe la terza Tesla Gigafactory dopo quella di Storey County in Nevada e quella di Buffalo a New York. L’impianto principale di produzione di veicoli elettrici è invece in California.
Nel frattempo, per dare una spinta alle vendite nel mercato cinese, la società ha deciso di puntare su una Model 3 a trazione posteriore dal prezzo di 433 mila yuan (circa 64.300 dollari). Precedentemente, una vettura di questo tipo (anche se a trazione integrale) era acquistabile a partire da 499 mila yuan. I clienti potranno cominciare a prenotarla a partire da marzo.
Con questa operazione, Tesla punta anche a difendersi dalla dura competizione delle altre macchine elettriche che popolano il mercato cinese, come quelle prodotte da Nio Inc, Byton e XPeng Motors.
Non solo Tesla deve fare i conti con la guerra dei dazi: le difficoltà economiche di Pechino hanno avuto un impatto anche nel settore degli smartphone. Apple e Samsung avevano lanciato un allarme sugli utili all’inizio di quest’anno, segnalando vendite anemiche in uno dei mercati di sbocco più importanti per i produttori di telefonia.
Una situazione aggravata dal dollaro forte, che ha reso gli iPhone ancora più irraggiungibili nei mercati emergenti: qui le valute si sono indebolite e il colosso di Cupertino non ha adeguato i prezzi, scaricando sui consumatori i costi dovuti ai cambi. In Cina, un aumento del 10 per cento del valore del dollaro nello scorso anno ha reso i prodotti della Mela morsicata ancora più cari.
Per rimediare, il ceo Tim Cook ha detto che in questi paesi i prezzi degli iPhone saranno ridotti tenendo in considerazione il cambio svantaggioso tra la moneta locale e il biglietto verde. Anche se non ha chiarito in quali mercati avverrà questa operazione che consiste nel fissare il prezzo di vendita degli iPhone uguale a quello che era un anno fa in valuta locale.
Marco Cimminella, Business Insider Italia