Il giovane accusatore e la madre mentono. Così sostiene la linea difensiva degli avvocati dell’attore americano accusato di molestie sessuali a un adolescente
“Non mi giudicherete senza prove, vero?”. La linea difensiva dell’attore Kevin Spacey, accusato di molestie da un cameriere diciottenne che ha denunciato di essere stato aggredito sessualmente in un bar nel luglio 2016 era già tutta lì: in quella frase pronunciata nel video postato su Twitter alla vigilia di Natale. Dove Spacey si rivolge ai suoi fan, sì, ma nello stile di Frank Underwood, il personaggio che interpreta nella saga House of Cards: “Se non ho pagato per le cose che io e voi sappiamo ho fatto, certamente non pagherò per quelle che non ho fatto”.
A cosa si riferisse lo svela la memoria difensiva presentata ieri dai suoi avvocati, Juliane Balliro e Alan Jackson, al tribunale di Nantucket dove sarebbe accaduto il “fattaccio”. E ottenuta da Repubblica dopo l’udienza presenziata dall’attore, apparso in pubblico per la prima volta da quando un anno fa, in pieno #MeToo, è stato travolto dalle denunce di giovani uomini e la sua carriera si è repentinamente interrotta.Per gli avvocati di Spacey, la storia del giovane William Little che sostiene di essere molestato – resa pubblica dalla madre, l’ex conduttrice televisiva Heather Unruh – non sta in piedi. E per dimostrarlo hanno chiesto il congelamento dei dati contenuti nello smartphone del ragazzo. Perché, scrivono, quei dati contengono elementi a discolpa dell’accusato. I fatti, insomma, secondo i legali non sono andati come il giovane e sua madre sostengono.
Usa, Kevin Spacey a processo: l’arrivo in tribunale
Little ha raccontato che il 7 luglio 2016 approcciò il divo nel ristorante Car Club dove lavorava sperando in un selfie: e di aver accettato da bere – ben 5 birre e tre whisky – da Spacey, mentendo sull’età e sostenendo di avere più di 21 anni sempre sperando di ottenere quella foto da mostrare agli amici. La situazione aveva però preso una brutta piega: e si era ritrovato con le mani dell’attore nei pantaloni “per almeno tre lunghissimi minuti”. Il tempo di girare perfino un video e mandarlo via Snapchat alla fidanzata MD, per spiegarle – racconta – la situazione in cui si trovava. Un video che dura appena 1 secondo e che, dice chi lo ha visto, mostra poco: una mano che tocca una t-shirt. Il giovane era poi fuggito mentre Spacey era in bagno. Ma i due si erano scambiati i numeri di telefono e avevano continuato a mandarsi messaggi: “Ci siamo persi” gli aveva scritto l’attore.
Proprio video e messaggi, ora, potrebbero trasformarsi in un boomerang. La difesa ha chiesto di conservarli: “proteggerli in una bolla perché contengono materiale a discolpa” scrivono nella memoria. Il fatto è che a smentire il racconto sarebbe proprio l’ex fidanzata del giovane indicata con le iniziali MD: “Non mi parlò mai di abusi, né quella notte né dopo. L’ho appreso solo un mese fa dalle parole della madre al momento della denuncia”.
Secondo gli avvocati, la sua testimonianza è stata volutamente tenuta fuori dal caso: “Sebbene nota agli investigatori, i messaggi e il video scambiati con lei non sono stati acquisiti agli atti”. L’iCloud di Little invece contiene informazioni importanti: “Che non devono andare perse o distrutte”. E per questo, hanno chiesto e ottenuto dal giudice Thomas Barrett di preservarle.
Non basta: la memoria presentata dai due avvocati nota anche che “nessun testimone presente nel locale pur affollatissimo, quella sera notò niente di anomalo. Di sicuro non un palpeggiamento in pubblico durato tre minuti”. Ecco dunque su cosa fa leva la difesa di Spacey. Ecco a cosa alludeva l’attore in quel video di Natale: “Non mi giudicherete senza prove”. Ma sarà poi vero?
Anna Lombardi, Repubblica