Nata nel marzo del 1940, la donna è morta in apparente stato di povertà lo scorso 25 aprile e nessun parente si è fatto avanti per curarne la sepoltura. Tanto che la salma è restata per più di un mese all’obitorio del Policlinico: vista l’assenza di congiunti, il Comune di Milano ha organizzato un funerale a proprio carico. Negli ultimi sei anni sono state un migliaio le sepolture disposte gratuitamente dall’amministrazione tra deceduti indigenti e salme non reclamate dai parenti. Tra queste c’è quella per Donvito, sepolta a Lambrate. Del resto a chi abitava nel palazzo dove per un periodo la donna aveva svolto la sua attività di consulente fiscale aveva sempre raccontato di non avere parenti in Italia, ma solo una cugina negli Stati Uniti.
Quando Raffaela è morta sono stati gli stessi vicini ad attivarsi per capire se l’anziana signora, proprietaria di due appartamenti nello stabile e oggi abbandonati all’incuria, avesse lasciato un testamento, «anche solo — spiegano — per risolvere la situazione di questi due alloggi che rischiano di finire nel degrado». È stata la corrispondenza, consegnata all’amministratore del condominio, a rivelare l’esistenza delle proprietà. Gli inquilini ricordano: «La malattia aveva debilitato Raffaela negli ultimi anni. Probabilmente soffriva per un tumore, ma non ha mai voluto vedere un medico: si è sempre rifiutata». Grazie all’attività dei vicini la svolta sulla ricerca degli eredi potrebbe essere vicina: a loro andranno le due società immobiliari intestate alla donna e varie proprietà e terreni disseminati tra Milano, Bergamo, Como e Mantova.
La scoperta dell’esistenza di un patrimonio e alcune coincidenze avevano fatto pensare agli inquilini di via Lulli che Raffaela fosse la stessa signora che pochi mesi fa aveva lasciato in eredità 2,7 milioni di euro alla casa di riposo pavese «Monsignor Pertusati». Un’eredità lasciata da una misteriosa benefattrice che cinque anni fa aveva fatto visita alla casa di riposo dove era ricoverato un parente. La madre della stessa Donvito aveva passato l’ultimo periodo in una struttura pavese, racconta un vicino, ma, assicura il direttore generale Maurizio Niutta, pur mantenendo stretto riserbo sul nome della benefattrice, «non è la stessa persona. In questo caso abbiamo avuto precise disposizioni dagli eredi». L’ultimo desiderio della donna, racconta chi l’ha vista nei suoi ultimi giorni di vita, «era quello di essere sepolta a Pavia, vicino alla madre».
Luca Rinaldi, Corriere.it