Celebrato dai buongustai, il prezioso fungo italiano è a rischio contraffazione. Ogni settimana nei ristoranti di mezza Europa ne arrivano da Bulgaria, Romania, Serbia, Croazia, Azerbaijan. Il cinese è quasi uguale al nostro nero pregiato ma è senza aroma
(di Cesare Lanza per LaVerità) Il tartufo? Da sempre è amato da tutti e, non a caso, celebratoda scrittori e musicisti. Gioacchino Rossini lo definì il Mozart dei funghi, lord George Gordon Byron ne utilizzava il profumo come fonte di ispirazione e Alexandre Dumas lo definì il sancta sanctorum della tavola. «Nacque da un fulmine di Zeus, perciò la sua origine è divina. Cresce in silenzio, nascosto tra radici e terra fina. La sua gloria aumenta nel rumore dei mercati, ma il suo trionfo vero è nei piatti prelibati», ha scritto Giordano Berti in Quattro rime sul tartufo. «E per ampliare ancora il suo già grande onore induce dopo il pasto ai desideri dell’amore. Dei più preziosi aromi egli è il sovrano antico. Ecco il re Tartufo: Tuber magnatum pico!» Come ogni anno, accompagnato da queste letterarie suggestioni, sono andato con un caro amico, Andrea Cornelli (ormai più gaudente di me, ma solo per ragioni di età: è più giovane) a gustar tartufi nella loro principesca dimora, le Langhe. E mi piacerebbe condividere con voi – spero che vorrete gradire – ciò che negli amni ho gioiosamente appreso, leggendo e mangiando. Innanzitutto, che cos’è il tartufo? È un fungo ipogeo (che vive sottoterra) a forma di tubero, che vive in simbiosi con le radici di alcune piante: la quercia, il tiglio, il nocciolo, il carpino e il pioppo. Ha una massa carnosa, la «gleba», rivestita da una corteccia chiamata «peridio». È fatto soprattutto di acqua, fibre e sali minerali. La forma dipende dal terreno, se è morbido la crescita sarà a forma sferica; in un terreno duro, con pietre e molte radici, si propone con una forma bitorzoluta. Esistono molte qualità di tartufo. Le più ricercate per il godimento gastronomico sono: il tartufo bianco pregiato (tuber magnatum pico): conosciuto come tartufo bianco d’Alba, periodo di raccolta da settembre a gennaio; il tartufo nero pregiato (tuber melanosporum): conosciuto anche tartufo nero invernale, periodo di raccolta da novembre a metà marzo; il tartufo nero d’estate (tuber aestivum): conosciuto come tartufo scorzone, periodo di raccolta da maggio a dicembre.
IL BOOM DELL’IRAN
Sul prezzo del tartufo, oltre al rapporto domanda/offerta, è determinante la reperibilità. Ad esempio, a proposito del tartufo estivo la reperibilità è elevatissima e la domanda è altissima: questa specie è ottima per la preparazione di salse e prodotti conservati. Ma c’è un problema. La reperibilità è elevata, ma non solo in Italia. Decine di tonnellate di tartufo, infatti, vengono esportate da Bulgaria, Romania, Serbia, Croazia, Azerbaijan e finiscono sulle tavole dei ristoranti di mezza Europa, senza che ne siano al corrente molti osti che acquistano e quasi tutti i clienti che consumano. L’Iran è la nuova frontiera dello scorzone: da molti anni, è diventato il secondo Paese esportatore di tirmanie, terfezie e simil tartufi estivi dopo la Bulgaria, che ne è anche il maggiore importatore. Il tartufo iraniano però è insapore, di aspetto spesso irregolare e dal peridio (la crosta) molto meno accentuato del tuber aestivum italiano. Ogni pianta e ogni zona tartufigena italiana attribuisce al tartufo un sapore e un aroma diverso. «Cosi, lo scorzone umbro è diverso da quello veneto o laziale, mentre il bianco pregiato scovato nei pressi di una roverella è diverso per aroma e forma da quello trovato nei pressi di un tiglio». Il tartufo bulgaro è simile al tartufo italiano nell’aspetto e nella composizione del peridio, ma quanto a sapore e aroma quelli italiani sono impareggiabili. E se non è vietato importare tartufi dall’estero, è un reato grave spacciare il tartufo estero come italiano.
TRUCCHI E IMBROGLI
Purtroppo i trucchi e gli imbrogli non riguardano solo il tartufo estivo: innumerevoli sono le forniture di bianchetto italiano «tagliate» con terfezie tunisine o bianchetto bulgaro; abbondanti anche le partite di tuber magnatum pico tagliate col bianchetto, soprattutto a inizio anno, quando la campagna del bianco pregiato finisce. E le truffe a cui si presta il tuber melanosporum (tartufo nero pregiato di Norcia e Spoleto)? In Belgio e Germania, soprattutto ma non solo, lo scorso inverno arrivava dall’Italia un pasticciato tuber melanosporum, raccolto (a parole) nelle zone montane di Umbria, Marche e Molise, a poche centinaia di euro, cifre irrisorie rispetto al prezzo di acquisto per una buona pezzatura di vera origine italiana. E ancora… Il tartufo cinese è quasi uguale al nostro nero pregiato, difficilmente riconoscibile anche dai più esperti: è senza aroma, insieme con tartufi neri autentici, riesce a rubarne il profumo per diverse ore, e il ristoratore resta convinto di aver fatto un buon affare. È un reato molto grave acquistare tartufo dall’estero e venderlo come italiano! Finalmente, dal 2017, anche i funghi e i tartufi hanno l’obbligo di essere accompagnati da un’etichetta che specifichi la provenienza e il luogo di raccolta.
«PUSHER» DEL MADE IN ITALY
La Commissione europea ha chiarito che l’indicazione del Paese di origine deve essere sempre obbligatoria in tutte le fasi della commercializzazione per tutti i prodotti ortofrutticoli freschi. Chi acquista i pregiati tuberi potrà finalmente sapere con certezza se sono stati raccolti in Italia o se arrivano da Paesi lontani. Uno sguardo ai prezzi divertirà e sbalordirà i lettori. Il tartufo record del 2018 è finito negli Emirati Arabi. A Dubai: il tartufo più grande del mondo per la stagione in corso, il sesto da record degli ultimi venti anni. Lo ha comprato il ristorante italiano Robertòs: 50.910 dollari, tartufo di origine toscana, un chilo e 150 grammi, potrà condire 650 piatti. A realizzare l’operazione è stato il pusher dei tartufi 0 thè truffle man: Massimo Vidoni, pordenonese, 49 anni, da 28 esporta le eccellenze made in Italy in giro per il globo. Da un’intervista alla Gazzetta di Parma: «Soprattutto prodotti di nicchia», ha spiegato. «La nuova frontiera per esportare sono l’Asia e l’Africa». Fra i suoi clienti, oltre alla famiglia Trump, ci sono le teste coronate dei Paesi del Golfo, e soprattutto i migliori ristoranti di mezzo mondo. «Circa l’85% dei prodotti che vendo», sottolinea, «sono destinati ai grandi ristoranti. Mi conoscono un po’ tutti». Il primo tartufo gigante, ricorda, «da circa 1,3 kg, lo avevo venduto 20 anni fa, a New York, dove ho vissuto 18 anni… Lavoravo nelle Trump Tower. Dal 2012 sto a Dubai. Compro i tartufi ancora prima che arrivino sul mercato… Ogni settimana ne vendo circa 60 chili».
IL NUOVO MONDO È L’ASIA
Provengono dalle Langhe, dalla Toscana, dall’Emilia Romagna e dal Molise. Ma su richiesta anche da Francia 0 Spagna. Oltre al prezioso tubero, da tempo ha iniziato a promuovere il caviale e prodotti tipici italiani, come l’aceto balsamico di Modena, la pasta, il pecorino sardo e quelli friulani. Con lui lavorano 10 dipendenti, fattura tre milioni l’anno. E le prospettive, dice, sono positive. «Oggi il nuovo mondo è l’Asia, con Shanghai in testa, ma anche il Vietnam e, sorprendentemente, Paesi africani come Etiopia e Somalia». Non si tratta insomma di oro 0 di petrolio, ma poco ci manca, visto il valore dei tartufi! In particolare di quello bianco, notoriamente carissimo, molto più del nero, meno aristocratico. Il prezzo è oscillante e molto dipende dalle condizioni atmosferiehe, come per il vino.
IL 56% DI PIOGGIA IN PIÙ
Questa estate è stata molto più piovosa dell’anno scorso nelle aree di raccolta dei tartufi, intorno ad Alba e Acqualagna. Ha piovuto il 56% in più, di conseguenza la raccolta è stata più abbondante, con un calo notevole del prezzo al chilogrammo. Vediamo… Il prezzo del tartufo bianco è passato da 3.500 a 2.100 euro al chilo. Lo scorso anno nello stesso periodo si raggiunse per le pezzature maggiori i 3.500 euro al kg, ma nei mesi successivi, per l’aggravamento della siccità, divennero 5.000. Anche le pezzature più piccole a novembre crebbero di valore, raggiungendo i 4.000 e i 3.000 euro al kg. In crescita rispetto ai 2.900 e 2.000 euro al kg di settembre. Quest’anno invece si va sui 2.100 euro al kg per un tartufo oltre 150 grammi. Sui 1.600 euro tra i 15 e i 50 grammi, e sui 1.000 euro al kg per meno di 15 grammi. Anche per il tartufo nero vi sono differenze simili, anche se su cifre decisamente inferiori. Nel 2017 le tre diverse pezzature costavano rispettivamente 450,350 e 300 euro, che però a novembre crebbero già a 800, 700 e 600, con un raddoppio netto. Quest’anno, cifre molto più basse. Si paga solo 250 euro per un nero maggiore di 50 grammi, meno della metà del prezzo del tartufo dalla pezzatura minore l’anno scorso. Si scende a 200 euro per quelli tra 15 e 50 grammi, e a 140 euro al kg per quelli al di sotto dei 15 grammi.
DA ALBA A HONG KONG
Un tartufo bianco di Alba è stato venduto a Hong Kong per 85.000 euro, conquistato da un giovane imprenditore di Hong Kong. Un esemplare di 880 grammi, conteso in diretta satellitare tra Grinzane Cavour (Cuneo), Matera e la città cinese. A parte i prezzi, che affrontiamo con estrema prudenza, mi vanto di far parte di una sobria élite gastronomica, pronta a scambiarsi ogni anno consigli e opinioni. Ad esempio, una mia amica milanese, la marchesa Maria Alberta Viviani, mi ha appena scritto: «Caro Cesaretto, sono stata sabato e domenica con pochi amici…a tartufi e vino e tajarin fatti in casa… carne cruda… fonduta e uova, tutto coperto di tartufi eccezionali con vini piemontesi: Dolcetto, Barolo, Barbera… Nella trattoria del Buon Padre, che si trova a Vergne, frazione di Barolo. Ci vado da 30 anni!». Sempre come esempio, Mauro della Porta Raffo mi scrive, controcorrente: «Alfio, il mio insostituibile barbiere, sostiene che i tartufi di Norcia siano i migliori. Ma è umbro, e quindi parte in causa…». Quanto a me, avendo avuto una pioggia di consigli, sogno di andare a Canelli, nel basso Monferrato: non solo per i tartufi e le rinomate nocciole, e per lo spumante (il primo a produrre le bollicine italiane fu Carlo Gancia), ma anche per le cattedrali sotterranee, patrimonio Unesco. Sono le cantine, che dalla metà dell’800 si sviluppano come un labirinto sotto il suolo, capolavori d’ingegneria e di architettura enologica. E ancor oggi utilizzate per il loro scopo d’origine: le quattro antiche Case di Canelli (Bosca, Contratto, Coppo e Gancia) continuano a invecchiare qui i loro spumanti.
COSA C’ENTRA MOLIÉRE?
Ed eccomi infine a qualcosa che non so spiegare. Vogliamo ricordarci del Tartufo di Molière? Secondo i dizionari, è l’appellativo che indica una persona ipocrita, che ostenta una falsa devozione. Dal nome del protagonista dell’opera teatrale, in scena per la prima volta nel 1664. Molière propone un personaggio che nasconde macchinazioni disoneste, sotto un’apparenza di moralità bigotta. Non mi è chiaro (qualcuno mi aiuta?) come dallo splendido tartufo-fungo si giunga al Tartufo-ipocrita.