Peccato che, al momento di comprare i biglietti, i consumatori non sapessero nulla di tutto questo. Una volta capito che il volo acquistato non sarebbe mai decollato, i clienti inferociti hanno avuto grosse difficoltà a contattare PeopleFly e a farsi rimborsare. Secondo i dati forniti dalla società, i rimborsi sono avvenuti solo per 1800 biglietti su 2700 totali ma non sono state fornite prove. Secondo Assoutenti Sicilia, invece, i clienti rimborsati sono stati solo 8 sui 51 che si erano rivolti ai propri uffici.
Già a luglio l’autorità aveva intimato a PeopleFly di interrompere la vendita di voli charter, cosa che poi è avvenuta, ma quando i buoi erano ormai scappati. PeopleFly si è difesa sostenendo che, in realtà, un accordo con una compagnia aerea (la Lumiwings) era stato firmato, ma che gli aeroporti si sono rifiutati di dare seguito all’accordo. Versione confermata anche da AirGest, la società che gestisce lo scalo di Trapani Birgi. Già a luglio, infatti, AirGest aveva avvertito di non aver alcun rapporto commerciale con PeopleFly.
Ma cos’è successo tra la primavera e l’estate scorse? Dopo aver sentito le parti, Antitrust è riuscita a ricostruire la vicenda. Un’intesa tra PeopleFly e Lumiwings c’è effettivamente stata, solo che gli operatori aeroportuali si sono rifiutati di firmare un accordo con quella che, a tutti gli effetti, è solo una società intermediaria: volevano parlare direttamente con il vettore aereo. Da parte sua Lumiwings, scrive Antitrust, “non ha voluto farsi carico di tutte le spese relative ai servizi a terra” e non ha più messo a disposizione i propri aerei.
A quel punto PeopleFly sostiene di aver subito informato via e-mail i propri clienti, invitandoli a scegliere tra la riprotezione su un altro volo o il rimborso che, come abbiamo visto, è stato riconosciuto solo a pochi fortunati.
Secondo le stime di Antitrust, la vendita di biglietti fantasma ha garantito alla società appena sanzionata un ricavo tra i 140.000 e i 200.000 euro.
Federico Formica, Repubblica.it