Upa si fa la sua blockchain. Le aziende che investono in pubblicità, capitanate da Lorenzo Sassoli de Bianchi, vogliono creare un registro digitale e condivisibile ad hoc, per certificare la compravendita di spazi promozionali e tutti i passaggi della filiera. La blockchain è un argomento che impegna, in questi giorni, diversi convegni in Italia ma, per quanto riguarda il binomio blockchain&media, i casi citati riguardano solo l’estero (di cui non si conosce nemmeno l’effettivo stato dell’arte). Si spazia da temi come il diritto d’autore nella musica (senza intermediari stile Siae) a quelli come la creazione di contenuti giornalistici (Civil media company) e la certificazione dell’audience (Spotify). In Italia, invece, l’iniziativa di Utenti pubblicità associati-Upa è tra le prime nel mondo dei media a cimentarsi con la nuova tecnologia.
Già la prossima primavera Upa medita di rendere pubblico il progetto. Inserzionisti (anche non associati Upa), centri media, mezzi d’informazione sono alcuni dei soggetti da coinvolgere, a cui vanno aggiunti poi i vari intermediari specializzati nelle singole fasi tecniche della compravendita di spazi pubblicitari. Traguardo finale: più trasparenza e razionalizzazione dei costi.
Sassoli de Bianchi aveva annunciato l’idea di un’iniziativa in campo blockchain in occasione dell’ultima assemblea dell’associazione, tenuta a Milano all’inizio dello scorso luglio. Adesso Upa è passata ai fatti e sta per concludere la fase tecnica, supportata dalla società di consulenza Reply, in modo da poter ragionare poi sull’intera fattibilità del progetto. In particolare, va definito come finanziare la blockchain degli investitori pubblicitari e come impostarne la governance. «Al momento Upa sta sostenendo tutte le spese per l’analisi dell’iniziativa», spiega a ItaliaOggi Sassoli de Bianchi. «Tra qualche mese avremo anche una stima sugli investimenti necessari. A quel punto altri soggetti, da ogni segmento della filiera, potranno decidere di entrare. Del resto Upa non vuole fare il poliziotto dell’advertising, semmai essere capofila della nuova blockchain».
In concreto, quindi, si stanno dipanando gli aspetti tecnici e poi partirà il momento più politico, sondando chi desidera partecipare e se, verosimilmente, tutti i passaggi della compravendita di spazi pubblicitari avranno un loro rappresentante. A invogliare la partecipazione può contribuire il Fondo Blockckhain annunciato dal governo e gestito dal ministero dello sviluppo economico, con un budget triennale da 45 milioni di euro fino al 2021.
Quali sono i vantaggi della blockchain sul fronte della raccolta? «Diversi ma il fil rouge è sempre la trasparenza», sottolinea il presidente che su questo concetto ha imperniato anche il Libro bianco dell’Upa sul digitale. «Tra gli altri, contiamo di proteggere meglio la brand safety degli investitori, evitando per esempio che le loro pubblicità finiscano su siti che veicolano fake news o violano il diritto d’autore. Ma con la certificazione dei dati, avremo a disposizione anche report più puntuali sul lettorato e preverremo le frodi coi robot che creano artificialmente traffico web. E ancora c’è la grande questione della trasparenza finanziaria e dei diritti di negoziazione». Questi ultimi, infatti, sono un decennale leitmotiv del mondo pubblicitario e riguardano la spinosa questione di provvigioni e commissioni riconosciute ai centri media. Ma, più in generale sullo sfondo della blockchain, c’è tutta una zona grigia della filiera da svelare, di cui non si conoscono i costi e gli eventuali ricarichi.
Non è invece riconducibile immediatamente al progetto blockchain il cosiddetto programmatic advertising, ossia la vendita di spazi in tempo quasi reale e in via automatica. «Il programmatic ha tempi differenti dalla blockchain», sottolinea Sassoli de Bianchi. «Vedremo se e come coniugare i due procedimenti». Ma ci può essere qualche resistenza ad affidarsi alla nuova tecnologia? «Non vedo nessun motivo di resistenza o inadeguatezza da parte degli utenti», prosegue l’imprenditore che è anche presidente di Valsoia ed esperto del mercato d’arte orientale. «Prevale invece il desiderio di evitare distorsioni e muoversi in un sistema che del tutto trasparente non è», conclude Sassoli che, a proposito di segnali di ottimismo, conferma la stima di chiusura 2018 del comparto pubblicitario a +1,5% «ma anche con qualche cosa di più».
Marco A. Capisani, ItaliaOggi