Se non viene utilizzato un nuovo software diagnostico per alcuni componenti le macchine vanno in blocco e possono essere riavviate solo tramite l’Apple Service Toolkit 2. La battaglia per il “diritto di riparazione” è ancora lunga
NUOVI strumenti diagnostici sviluppati in casa. Se non vengono usati per riparare gli iMac Pro e i MacBook Pro comporteranno il blocco dei potenti pc della Mela. Queste le indicazioni raccolte da Macrumors e Motherboard tramite documenti ufficiali del colosso secondo le quali per quanto riguarda i MacBook Pro ogni intervento a componenti come schermo, scheda logica, tastiera, trackpad e Touch ID non effettuato in centri autorizzati o tramite il supporto di Apple risulterebbe sostanzialmente impossibile. Oltre che dannoso.
Dunque, se non si utilizza quel software negli interventi il risultato non potrà che essere un “sistema non operativo e un intervento incompleto”, come si legge nei documenti distribuiti lo scorso mese ai centri autorizzati. I due siti specializzati ne hanno ottenuto una copia. La battaglia di Apple in questo senso non è certo recente e le ultime, stringenti indicazioni confermano invece che per gli iMac Pro il blocco potrebbe scattare qualora si mettesse mano alla scheda logica e alle memorie flash.
L’aspetto abbastanza raggelante per qualsiasi utente è che le macchine trattate senza quel software di Cupertino rimarrebbero inutilizzabili fino allo sblocco tramite l’Apple Service Toolkit 2 da parte di un operatore autorizzato. Una mossa che, secondo molti, serve ad aumentare la sicurezza dei chip dei computer di Apple, dalla crittografia alla memorizzazione delle informazioni riservate. Una notizia che, fra l’altro, sembra uscire con una tempistica spaventosa rispetto ai rischi sull’hardware, considerando l’inchiesta di Bloomberg sui piccoli chip chinesi che sarebbero finiti nella catena di produzione dei server statunitensi.
I critici contestano da sempre mosse simili che rendono le macchine difficili da riparare, stimolano l’acquisto di nuovi pezzi invece di incentivare il riutilizzo di dispositivi ancora in ottimo stato e costituiscono un modo per controllare profondamente il mercato delle riparazioni. Negli Usa 19 Stati – fra cui il Nebraska – hanno proposto una legge per il cosiddetto “diritto di riparazione”, che aprirebbe software e specifiche a esperti di terze parte, ma nessuno ha approvato un provvedimento che possa vietare l’uso di specifici strumenti diagnostici.
Simone Cosimi, Repubblica