L’ABiCi, il rapporto di Legambiente sull’economia della bicicletta in Italia è alla sua seconda edizione: i dati sono sorprendenti. Il Pib (Prodotto Interno Bici) calcolato nell’edizione 2017, ovvero il valore economico annuale prodotto dalla bicicletta, oltre 6 miliardi di euro, è stato scorporato e integrato con nuovi indicatori, con una proiezione su un possibile valore annuale prodotto di 23 miliardi di euro. Promuovere la ciclabilità si conferma un modo molto semplice per risolvere problemi molto complessi.
La stessa Legambiente, maggiore associazione ambientalista italiana e autrice del rapporto ABiCi, ha deciso di creare una sua divisione dedicata alla ciclabilità e alla mobilità attiva, Legambici, finora attiva come entità social, che debutterà nel 2019. La nuova edizione del rapporto sull’economia della bici, L’ABiCI 2018, è già intestato alla nuova spin-off.
Il rapporto sarà illustrato e pubblicato alla metà di ottobre a Pesaro in occasione della prima edizione della Scuola di Bicipolitana, occasione formativa – gratuita – per amministratori, professionisti (architetti, ingegneri, presto anche giornalisti) e cittadini attivi, che avrà un programma dedicato sia alle infrastrutture sia alla comunicazione, per le città e i territori che vogliono passare all’incasso grazie ai benefici del “veicolo perfetto”.
Business Insider Italia ha l’occasione di sintetizzare in anteprima i risultati del rapporto.
La diffusione della bicicletta in Italia è a due velocità. Oltre al cronico divario Nord-Sud, emerge con forza una marcata localizzazione nelle “solite” realtà più avanzate, mentre a livello diffuso e organico ancora nulla è stato messo in campo. Le eccellenze sono limitate alle città dove si investe di più sulla mobilità attiva, come Pesaro, Bolzano, Ferrara, Treviso e Reggio Emilia; con una Milano che nonostante l’elevato traffico veicolare privato che ancora soffoca la sua immagine si candida a diventare la capitale italiana della bicicletta.
Il punto da cui parte la ricerca di Legambici è disarmante: nonostante i chilometri ciclabili siano aumentati di oltre il 50% in dieci anni, la frazione modale ciclistica – la percentuale degli spostamenti in bicicletta, sul totale degli spostamenti con altri veicoli – non è cresciuta nello stesso periodo, bloccata com’è al 3,6% su base nazionale. Il motivo è semplice: tranne alcune felici eccezioni, le tanto invocate piste ciclabili sono fatte male, poco diffuse, poco organiche e soprattutto poco connesse come sono. Morale, i cittadini non si sentono sicuri e non le usano.
Per poco che sia usata, la bicicletta fa però registrare volumi tutt’altro che marginali, e mostra potenzialità notevoli.
Accanto all’economia direttamente generata dalla ciclabilità – il fatturato della produzione e vendita di biciclette e accessori e il mercato del cicloturismo, dove l’Italia ha operatori ormai consolidati a livello continentale – il report l’ABiCi ha calcolato tutte le altre esternalità positive, come i contenimenti della spesa sociale per sanità, assenteismo, ambiente, infrastrutture e artificializzazione del territorio. Il risultato di oltre sei miliardi di euro annui (€ 6.206.587.766, per la precisione) appare però sottostimato, perché l’assenza di indicatori statistici adeguati non consente di tenere conto di parametri quali la diminuzione della congestione da traffico e la ricchezza generata da uno spazio pubblico di qualità, in genere associato alla diffusione della ciclabilità come modalità di trasporto individuale, in sostituzione di una motorizzazione privata indiscriminata.
Le modalità di raccolta dei dati economici hanno incrociato diverse modalità di rilevamento e di calcolo. La base è una fotografia della quota di mobilità attiva esistente e delle relative infrastrutture, ottenuta tramite un questionario inviato ai capoluoghi di provincia, che ha permesso di ottenere informazioni di fonte comunale su mobilità, ciclabilità e servizi accessori. Hanno risposto 84 città, pari all’80% dei comuni superiori ai 200.000 abitanti e al 70% di quelli sotto i 50.000. I dati raccolti danno conto della frazione modale ciclistica, della tipologia delle ciclabili, delle strade a bassa percorrenza e della presenza di isole ciclopedonali e ZTL. Sono stati poi acquisiti e incrociati i dati rilevati da ISTAT e ISFORT (Istituto Superiore di Formazione e Ricerca per i Trasporti), dalla Confartigianato e da altri organismi territoriali.
I dati economici, il Prodotto Interno Bici vero e proprio, sono stati invece calcolati sulla falsariga del metodo usato dalla European Cyclists’ Federation (ECF) nel suo The EU Cycling Economy (12/2016), adattato alla realtà italiana e utilizzando i valori più bassi; sono stati infine usati indicatori dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO Europe), della UNECE (United Nations Economic Commission for Europe), dell’UNEP (United Nations Environment Programme, secondo il rapporto congiunto Cycling and Green Jobs , per avere anche un modello di previsione sulla ricaduta occupazionale: anche in questo caso le stime sono state fatte in modo prudente rispetto alla forbice dei risultati ottenuti.
Tendendo conto che in Italia (dati Istat 2015) le persone che complessivamente e sistematicamente usano la bicicletta per i propri spostamenti verso lo studio o il lavoro sono poco più di un milione, e quasi due genericamente come mezzo di trasporto, la cifra di sei miliardi euro l’anno diventa interessante: c’è un vuoto enorme da riempire.
Il rapporto 2018 presenta nuove elaborazioni e approfondimenti, ricavati dagli indicatori della prima edizione. La prima è il benefit economico prodotto da ogni singolo chilometro di ciclabile nelle città dove almeno il 20% degli spostamenti avviene in bicicletta. I risultati sono notevoli: Bolzano, ai primi posti in Italia per ciclabilità con il 29% degli spostamenti in bici e un milione di euro l’anno di investimenti, fa registrare ricavi per oltre un milione di euro l’anno al chilometro, su un totale di 50 Km. di tracciati urbani.
L’altra elaborazione è il valore economico della ciclabilità disaggregato su scala regionale, dove sconcerta e allo stesso tempo lascia ben sperare il divario tra Nord e Sud, con qualche sorpresa: il benefit economico per ogni abitante delle diverse regioni italiane ha ai suoi estremi la Calabria, con € 6,25 euro annui per abitante, e l’Emilia Romagna con quasi € 200.
Se guardiamo però il valore per regione – a parte il Molise, purtroppo fuori dagli indicatori per scarsità di dati – il primato negativo spetta alla Val d’Aosta con “soli” 4,1 milioni di euro l’anno, a causa dei pochi abitanti e degli scarsi investimenti in ciclabilità.
Per trovare un’altra regione settentrionale dobbiamo salire fino al settimo posto, occupato dal Friuli-Venezia Giulia con oltre 139 milioni di euro l’anno, per arrivare alla Lombardia che da sola sfiora il miliardo, sia per numero di abitanti sia per l’importante fatturato delle sue aziende di biciclette e ricambi.
Il Prodotto Interno Bici ha davanti a sé orizzonti di sola crescita: il 3,6% di ciclabilità della media italiana è molto lontano da quella europea, mentre la motorizzazione di massa ancora oggi vissuta dal paese è sempre più incalzata non solo da eccezioni di sostenibilità ambientale, quali che siano gli aggiornamenti tecnologici previsti, ma anche da riflessioni su una sua effettiva convenienza anche in senso culturale. Quanto potrebbe valere la ciclabilità se si facesse aumentare la sua quota modale?
Nel suo rapporto 2018 Legambici valuta due scenari:
- la completa realizzazione dei 5.735 chilometri ciclabili del Sistema Nazionale delle Ciclovie Turistiche, lanciato nel 2016 dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti.
- l’incremento della mobilità ciclistica nelle aree urbane al di sopra dei 50.000 abitanti ai livelli delle città nelle quali già si pedala a livelli europei: Bolzano, Pesaro, Ferrara.
Se questo scenario si realizzasse, l’Italia potrebbe incamerare un Pib di 23 miliardi di euro l’anno, con 85.000 “green jobs” in più. La bici è ben più che un giocattolo da gitanti: aspettiamo dunque la Scuola di Bicipolitana, per altri dettagli sul Prodotto Interno Bici.
Federico Del Prete, Business Insider Italia