I listini azionari americani hanno scritto nuovi record, dando grandi soddisfazioni agli investitori nonostante tutti i timori sulle guerre dei dazi e sulla tenuta interna della presidenza Trump. Eppure c’è un bene che ha “performato”, come si dice nel gergo anglofono delle sale operative, molto meglio di Wall Street: la Ferrari. Non intesa come azione quotata, ma proprio come le quattro ruote che per moltissimi restano soltanto un sogno.
A sancire la galoppata delle valutazioni delle rosse di Maranello è stata un’asta da record che si è tenuta nel fine settimana, proprio mentre la cavalcata delle azioni americane assorbiva la maggior parte dell’attenzione. Come racconta Bloomberg, un ex impiegato della Microsoft ha venduto un esemplare del 1962 di Ferrari 250 GTO per la bellezza di 48,4 milioni di dollari (quasi 42 milioni di euro al cambio attuale), superando del 25 per cento il precedente record per una macchina d’epoca.
E proprio sulla base di questo evento, l’agenzia finanziaria Usa fa scattare la gara tra l’accelerazione azionaria nell’ultimo decennio e l’indice Hagerty che traccia il valore delle auto storiche. Ebbene, se lo S&P500 ha guadagnato il 158% dal 2010 in avanti, l’indice del prezzo delle Ferrari è triplicato (nonostante un rallentamento nell’ultimo triennio, nel quale le azoni hanno fatto meglio). Chi all’inizio della decade si fosse assicurato un gioiellino classico del Cavallino rampante, ora si troverebbe un triplo tesoro nel garage.
Di questo fenomeno c’è un risvolto della medaglia che può suonare come un campanello d’allarme. Anche perché la Ferrari da record segue il Leonardo Da Vinci da record (450 milioni di dollari) di fine giugno. Mentre gli asset finanziari viaggiano a livelli che per alcuni sono l’antipasto di una bolla speculativa, i capitali si riversano su altre “forme d’investimento” che riguardano l’arte, il collezionismo o il lusso in genere. Spie che inducono gli osservatori più accorti ad aumentare il grado di attenzione, perché potrebbero rappresentare un eccesso dal quale ci si rischia di risvegliare in fretta e bruscamente.
Repubblica.it