Le agevolazioni per l’Imu spettano a condizione che nell’abitazione principale il contribuente abbia, oltre alla dimora abituale, anche la residenza anagrafica. Sono le motivazioni che si leggono nella sentenza n. 76/2018 emessa dalla sezione seconda della Commissione tributaria provinciale di Sondrio depositata in segreteria il 26 giugno scorso. La vicenda riguarda degli avvisi di accertamento Imu per gli anni dal 2012 al 2015 notificati al contribuente; il Comune, in assenza di residenza anagrafica, non aveva ritenuto spettanti le agevolazioni Imu richieste dallo stesso contribuente e aveva notificato la maggior pretesa. Opponendo gli accertamenti, il ricorrente assumeva di aver dimostrato la residenza «di fatto» nell’immobile, condizione che lo poneva tra gli aventi diritto alle agevolazioni delle imposte locali al pari dei residenti iscritti all’anagrafe dei residenti. La Commissione provinciale di Sondrio ha rigettato il ricorso e confermato la debenza dell’imposta. I giudici provinciali osservano come, ai fini dell’applicazione dell’Imu, il concetto di abitazione principale sia inserito nell’articolo 13, comma 2, del decreto legge n. 201/2011 (decreto Monti) il quale dispone che «per abitazione principale si intende l’immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore e il suo nucleo familiare dimorano abitualmente e risiedono anagraficamente ». Quindi affinché un immobile possa essere considerato abitazione principale, sono necessarie tre condizioni: I) il possesso/proprietà o altro titolo reale quale ad esempio l’usufrutto o il diritto di abitazione; II) la residenza anagrafica; III) la dimora abituale intesa come elemento che sussiste continuativamente nel tempo. Ne deriva che, l’elemento di novità, rispetto al passato, è che il concetto di «abitazione principale» sia legato all’ulteriore requisito (oltre a quello della dimora abituale) rappresentato dalla residenza anagrafica. Il collegio aggiunge che in effetti, la congiunzione «e» della parte finale dell’articolo 13, comma 2 del dl n.201/2011 ( ) nel quale il possessore e il suo nucleo familiare dimorano abitualmente e risiedono anagraficamente (…) non lascia spazio a una interpretazione letterale diversa da quella che, secondo la norma, i requisiti della dimora abituale e della residenza anagrafica non siano tra di loro alternativi, ma debbano sussistere entrambi. Rigettando il ricorso, la Ctp ha compensato tra le parti le spese di lite.
Benito Fuoco e Nicola Fuoco, ItaliaOggi